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Artrosi: cos’è e come si cura

Più del 30% degli italiani sopra i 65 anni soffre di dolori legati ad artrosi. Una patologia legata ad un danno delle articolazioni che non dipende soltanto dall’invecchiamento ma si associa ad altri fattori di rischio. 

“Il primo di questi, purtroppo non modificabile, è la familiarità, quindi la presenza in famiglia di altri casi di artrosi, e anche il genere femminile, le donne, infatti, tendono a sviluppare un quadro di artrosi più precoce e severo rispetto agli uomini. Un fattore di rischio su cui, invece, è possibile intervenire è il peso: obesità e sovrappeso aumentano la possibilità di artrosi”, spiega il professor Carlo Selmi responsabile di Reumatologia e Immunologia Clinica in Humanitas e docente di Humanitas University, intervistato da Elisir su Rai3.

Il principale sintomo dellartrosi: il dolore alle articolazioni

“Il principale criterio che permette di riconoscere l’artrosi è il dolore alle articolazioni, principalmente legato al loro utilizzo o al carico e associato a una breve rigidità mattutina, per esempio alle dita della mano, che impedisce di impugnare correttamente una penna. Se però questo tipo di rigidità si prolunga oltre i 30-60 minuti, allora potrebbe far sospettare la presenza di una malattia infiammatoria, come l’artrite, e non degenerativa, come l’artrosi”, continua il professor Selmi.

“Il dolore legato all’artrosi è cronico e aumenta subdolamente permanendo nel corso degli anni, e tende a peggiorare fino all’impedimento delle normali attività dell’articolazione. È un dolore che peggiora con luso e il carico: per esempio se parliamo di artrosi al ginocchio, un percorso in discesa su un sentiero di montagna è uno degli stimoli peggiori per quanto riguarda il dolore artrosico”.

Quali sono le tipologie di artrosi?

“L’artrosi può essere localizzata, dunque presente in determinati distretti, come quello della mano, dove le articolazioni più colpite sono quelle distali e la base del pollice, oppure generalizzata, se colpisce diversi distretti allo stesso tempo. L’artrosi localizzata è quella che si presenta più di frequente nelle persone più giovani, basti pensare all’artrosi del ginocchio, tipica degli sportivi; mentre l’artrosi generalizzata è più caratteristica dell’invecchiamento. 

L’artrosi si distingue anche in primitiva, dunque priva di una causa che possa spiegare il meccanismo di degenerazione dell’articolazione, o secondaria, ossia dipendente da una causa specifica, per esempio anatomica, che comporta un cattivo allineamento delle articolazioni. 
Il distretto più frequentemente colpito dall’artrosi è la colonna vertebrale, in particolare nel tratto cervicale e in quello lombare. Ma sono anche molto frequenti l’artrosi del ginocchio e quella delle anche e delle mani”, approfondisce lo specialista.

Artrosi: quali esami fare per la diagnosi?

“L’esame principale per diagnosticare l’artrosi è la radiografia semplice dell’articolazione in carico, che consente di valutare se i due capi ossei all’interno dell’articolazione siano particolarmente ravvicinati. Ma sono utili anche una serie di altre indagini per escludere diverse forme di infiammazione, come l’artrite. 

In altri casi, come per esempio per un sospetto di artrosi alla spalla, che potrebbe essere facilmente confusa con un dolore tendineo, alla radiografia si aggiungono l’ecografia e la risonanza magnetica”. 

I possibili trattamenti per lartrosi

“La terapia dell’artrosi ha l’obiettivo di ridurre il dolore e permettere il corretto funzionamento dell’arto. Quando si parla di antinfiammatori non si parla di una cura vera e propria, perché non consentono di riportare l’articolazione allo stato originario ma il loro utilizzo – sempre sotto controllo medico e se non si riscontrano controindicazioni – permette di controllare i sintomi. Per quanto riguarda questo aspetto, inoltre, sono in fase di sviluppo nuove e innovative terapie per il controllo del dolore, che prevedono l’uso di farmaci biologici a oggi non disponibili però in Italia.

L’obiettivo del trattamento dell’artrosi è sempre la riduzione del dolore e il mantenimento delle funzioni nella vita quotidiana, dunque il primo passo prevede l’utilizzo di farmaci antidolorifici più leggeri, come il paracetamolo, o un utilizzo oculato di antinfiammatori. Poi, se la situazione risulta più severa, si può ricorrere a terapie infiltrative, come quelle a base di acido ialuronico, fino ad arrivare a trattamenti di interesse ortopedico, come quelli rigenerativi, o alla chirurgia protesica”, conclude il professor Selmi.

L’articolo è tratto da un’intervista del professor Carlo Selmi a Elisir (Rai 3) del 25 gennaio 2022. Per rivedere l’intervista, clicca qui

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