L’anatomia patologica è cambiata radicalmente negli ultimi decenni. Dal microscopio, infatti, siamo passati a macchinari e tecnologie all’avanguardia e l’anatomopatologo, oggi, è in prima linea nella ricerca di diagnosi sempre più precise e per indicare ai pazienti la strada terapeutica più adatta.
Ma qual è il lavoro dell’anatomopatologo oggi? Approfondiamo l’argomento con il professor Luigi Terracciano, Responsabile di Anatomia Patologia in Humanitas e docente di Humanitas University.
Le evoluzioni dell’anatomia patologica
“Il lavoro dell’anatomopatologo, negli ultimi decenni, è cambiato radicalmente. Da disciplina eminentemente legata all’atto diagnostico in sé, qual era, l’anatomia patologica ha iniziato a svolgere un ruolo fondamentale nella cura e nella gestione del paziente, sia per quanto riguarda le malattie oncologiche, sia per quanto riguarda quelle infiammatorie.
Fino agli anni Sessanta, il lavoro dell’anatomopatologo era essenzialmente legato al riscontro autoptico e all’utilizzo del microscopio ottico. Una serie di rivoluzioni in campo tecnologico hanno però modificato la professione.
Tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, abbiamo assistito all’introduzione dell’immunoistochimica, ossia una tecnica che permette di individuare l’espressione delle proteine, tramite la quale è stato possibile identificare con grande precisione l’istotipo delle malattie neoplastiche e a tipizzare i vari infiltrati infiammatori.
La seconda rivoluzione, che ha preso piede all’inizio di questo millennio, è la cosiddetta rivoluzione molecolare, che ha aperto la strada alla “patologia predittiva”, spiega il professor Terracciano.
Patologia predittiva: la terapia più adatta la decidono i geni
“La rivoluzione molecolare è andata avanti di pari passo con lo sviluppo del concetto di medicina di precisione, soprattutto in oncologia. La medicina di precisione si basa sull’assunto che è necessario somministrare il farmaco giusto al momento giusto alla persona giusta, basandosi sulle alterazioni genetiche di quello specifico tumore. Dunque non parliamo più di terapie assegnate in base al semplice istotipo, uguale per tutti i pazienti che hanno un certo tipo di tumore, ma di terapie ridisegnate su specifiche alterazioni genomiche del tumore e sulle esigenze del paziente stesso.
In laboratorio, come anatomopatologi, abbiamo dunque introdotto una nuova strumentazione, per esempio per sequenziare gli acidi nucleici. Oggi una buona parte della patologia predittiva si basa anche su metodiche immunoistochimiche e il cambiamento epocale della terapia oncologica, ossia l’immunoterapia dei tumori, si basa principalmente sull’espressione proteica del PD-L1, un biomarcatore immuno-relato”, approfondisce lo specialista.
Patologia digitale: il futuro è l’Intelligenza Artificiale
“In medicina, in questo decennio stiamo passando dall’analogico al digitale, una rivoluzione molto importante che coinvolge anche l’anatomia patologica. Trattandosi infatti di una metodica per immagini, l’anatomia patologica si presta a essere tra le prime discipline a vivere questa trasformazione verso il digitale, per esempio per quanto riguarda la ricerca di biomarkers per la medicina di precisione.
Purtroppo però sono pochi specialisti, oggi, a seguire la professione dell’anatomopatologo e questa scarsità di risorse si scontra con una richiesta molto alta, in particolar modo nei centri di Ricerca. Anche da questo punto di vista, dunque, la patologia digitale e l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale possono rivelarsi molto utili”.
“In Humanitas sono già in corso di installazione alcune tecnologie di patologia digitale. Nei nostri uffici in una quindicina d’anni assisteremo alla scomparsa del microscopio ottico, uno strumento che ha reso un servizio incredibile alla disciplina e che tuttavia dovrà far posto a una nuova strumentazione.
La patologia digitale, con l’ausilio degli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale, ci consentirà di muovere oltre l’aspetto meramente diagnostico”, conclude il professor Terracciano.
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