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Alzheimer: quali sono i sintomi?

L’Alzheimer è una patologia che comporta la degenerazione e la progressiva distruzione delle cellule del cervello che ha come esito un deterioramento cognitivo e, dunque, la perdita di importanti funzioni come la memoria, il linguaggio e il ragionamento. L’Alzheimer interessa principalmente la popolazione anziana (il 20% delle persone over 85 e il 5% delle persone over 65), ma può colpire anche precocemente individui dai 50 anni in avanti. Si tratta, in ogni caso, di una patologia a carattere cronico e progressivo che al momento non è ancora possibile prevenire. Per questo, identificarla al momento dell’insorgenza, consente di mettere in atto una serie di strategie utili a rallentare la sua progressione.

Ne parliamo con il professor Alberto Albanese, Responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano.

I sintomi dell’Alzheimer

Il principale sintomo dell’Alzheimer è la perdita di memoria, che viene considerata un attendibile campanello d’allarme. Ai primi stadi della patologia sono tipiche le dimenticanze di informazioni appena apprese, ma devono destare attenzione anche la dimenticanza di date ed eventi rilevanti, il reiterare le stesse domande, o il fare un crescente utilizzo di supporti esterni, come prendere nota delle cose o chiedere informazioni e a terzi. Un altro sintomo dell’Alzheimer è poi la fatica a eseguire task per cui è necessaria una certa concentrazione o che implicano l’utilizzo di numeri o calcoli, come seguire una ricetta o tenere in ordine le bollette.

Con l’aggravarsi della patologia, può diventare più complicato anche eseguire azioni abituali e quotidiane, come recarsi in posti di cui si è sempre conosciuta la strada (il supermercato, per esempio, o le poste), o ricordare le regole di giochi a cui si è sempre giocato. Anche la perdita della cognizione dello scorrere del tempo è un sintomo caratteristico dell’Alzheimer, così come dimenticare dove ci si trova o perché ci si è recati in un tal posto. All’Alzheimer poi, si associano anche sintomi di riconoscimento visivo, tra cui difficoltà di lettura e incertezze nel riconoscere le persone. Un altro sintomo da tenere in considerazione sono i disturbi del linguaggio, che rendono difficile seguire o fare una normale conversazione, e i disturbi della scrittura, con una progressiva perdita di vocabolario e tendenza a confondere le parole.

Altre manifestazioni associate all’Alzheimer sono la tendenza a depositare oggetti in posti inappropriati o perdere oggetti appena maneggiati, non riuscire più a prendere decisioni giudiziose (per esempio per quanto riguarda le spese), e un aumento dei cambiamenti d’umore, spesso repentini, che possono sfociare in veri e propri cambiamenti di personalità, con lo sviluppo di atteggiamenti aggressivi, sospettosi o ansiosi nei confronti degli altri e dell’ambiente circostante.

Alzheimer e decadimento senile, quali differenze?

Molti dei sintomi che abbiamo descritto possono essere facilmente confusi con quelli propri al decadimento senile, una condizione fisiologicamente correlata all’invecchiamento. La cruciale differenza tra i sintomi dell’Alzheimer e quelli del decadimento senile, però, è la persistenza e la varietà dei deficit. Per quanto riguarda la perdita della memoria, per esempio, se ci si dimentica una data o un evento per poi ricordarli successivamente, con ogni probabilità non è indice di un problema severo.

Non bisogna preoccuparsi se un proprio familiare scorda il giorno della settimana in cui ci si trova, ma lo ricorda poco dopo, o ancora parlando non riesce a portare alla mente un termine semplice, mentre a destare sospetto deve essere una persistente incapacità a effettuare una conversazione senza ripetersi, bloccarsi o ingarbugliare i pensieri, o non riuscire a tenere traccia della scansione regolare del tempo, dei giorni e delle stagioni.

Insomma, in presenza di dimenticanze, difficoltà pratiche o cambiamenti d’umore, che non si verificano una tantum o in correlazione a specifici avvenimenti (per esempio una situazione che genera ansia), ma che, al contrario, continuano ad aumentare di intensità e a riproporsi nel tempo, è importante effettuare tempestivamente una valutazione specialistica.

Come si cura l’Alzheimer

In caso si sospetti lo sviluppo di Alzheimer in un paziente, il primo passo è effettuare una valutazione neurologica, che sarà seguita da esami cerebrali specifici, come la risonanza magnetica, la PET e l’analisi del liquido cerebrospinale. Si tratta di test che valutano l’accumulo nel cervello della proteina neurotossica beta amiloide, causato da un’alterazione del metabolismo delle proteine e correlato alla degenerazione neuronale alla base dell’Alzheimer.

A oggi, purtroppo, non è ancora possibile curare l’Alzheimer, ma vi sono una serie di farmaci, in particolare gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, che contengono i sintomi e rallentano la progressione della malattia. È poi possibile associare a queste terapie altre cure farmacologiche che vanno a intervenire su alcuni sintomi concatenati, come i disturbi del sonno o la depressione.

A luglio 2023, la Food and Drug Administration statunitense ha approvato l’uso di lecanemab, un nuovo farmaco indicato per il trattamento di persone adulte con Alzheimer. Si tratta di una terapia che segna una novità significativa nel possibile futuro trattamento della malattia, perché il farmaco potrebbe – per la prima volta – rallentare la progressione dell’Alzheimer. La terapia sarà indicata per pazienti in fase iniziale di malattia, opportunamente selezionati, anche per via degli effetti collaterali che l’assunzione del farmaco comporta.

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