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Artrite reumatoide, Prof. Selmi: fermare l’infiammazione oggi si può

L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica delle articolazioni. In Italia sono circa 400 mila i pazienti che soffrono di questa patologia autoimmune, pari ad un malato ogni 250 abitanti. 

L’80% dei pazienti è donna. 

Se un tempo questa infiammazione condizionava molto la vita quotidiana delle persone, negli ultimi anni grazie ai nuovi farmaci e ad una migliore diagnosi, tempestiva e veloce, è possibile evitare dolori e bloccare il processo di deformazione delle articolazioni che tanto spaventa i pazienti.

Ne ha parlato in un’intervista il professor Carlo Selmi, direttore dell’Unità Operativa di Reumatologia in Humanitas.

Bloccare l’infiammazione, oggi si può

Spesso i pazienti che arrivano in ambulatorio sono spaventati, credono che il loro futuro sia segnato dalla disabilità ma “oggi l’artrite reumatoide non è più quella di una volta – rassicura Selmi -. Oggi siamo in grado di fermare l’infiammazione e quindi di bloccare anche il processo legato alla deformazione dovuto all’artrite reumatoide”.

La poliartrite

L’infiammazione, tendenzialmente, non colpisce una sola articolazione: “solitamente ne soffrono contemporaneamente almeno cinque – ha detto il professore – e in modo simmetrico, nella parte destra e sinistra del corpo. L’infiammazione parte dalle articolazioni periferiche, come le mani e piedi e poi si espande verso il centro del corpo”.

I farmaci biologici

“Nel tempo – ha chiarito Selmi – sono cambiate e si sono evolute le ‘armi’ che la Medicina ha per combattere questa malattia, in primis i farmaci biologici ma anche grazie a farmaci orali chiamati piccole molecole, che si assumono per bocca”.

“Sono farmaci molto costosi per il nostro Sistema Sanitario Nazionale e che necessariamente devono essere regolamentati nella prescrizione, ma l’Italia è uno dei paesi in cui l’accesso a questi farmaci è massimo rispetto ad altri paesi sia europei che extraeuropei”, ha aggiunto il professore.

Quando allarmarsi

Il momento giusto per riconoscere se si soffre di artrite è il mattino: “le persone si svegliano dopo un periodo di inattività prolungata durante la notte e si svegliano con un picco dolori e rigidità alle articolazioni”, ha spiegato ancora Selmi. Se la rigidità dura qualche minuto non c’è bisogno di allarmarsi, nessuno appena sveglio riuscirebbe ad esempio a svitare una caffettiera. Quando il dolore e la rigidità mattutina “durano oltre mezz’ora allora ci si allarma e si contatta uno specialista”. 

L’artrite si può definire cronica se dura almeno sei settimane.

“Oggi l’artrite reumatoide si può risolvere: se è vero che non ci sono cure ‘per il passato’, che possano guarire chi ne soffre già da tempo, è vero anche che abbiamo modi e strumenti per far condurre al paziente una vita del tutto normale oggi”, ha concluso Selmi.

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