Linfoma di Hodgkin, il lavoro dei medici di Humanitas si aggiudica la copertina del prestigioso Journal of Pathology. Autori dell’articolo sono il prof. Carmelo Carlo-Stella, Responsabile dell’Unità di Ematologia e di Terapie Sperimentali, il prof. Armando Santoro, Direttore di Humanitas Cancer Center.
Quali aspetti affronta l’articolo pubblicato sul Journal of Patology?
L’articolo ripercorre le più interessanti e recenti scoperte nel campo della ricerca traslazionale e clinica sul Linfoma di Hodgkin, tra cui le prospettive terapeutiche legate all’introduzione di nuovi farmaci, come gli anticorpi monoclonali anti-CD30 Brentuximab e anti-PD-1. Per quest’ultimo, in particolare, il Cancer Center di Humanitas ha recentemente partecipato con un significativo coinvolgimento ad uno studio multicentrico internazionale di fase 2 che si è appena concluso.
Linfoma di Hodgkin, quali risultati sono stati raggiunti grazie alla ricerca?
Il linfoma di Hodgkin è un tumore maligno dei linfonodi che possono ingrandirsi per fenomeni infettivi o infiammatori e in presenza di tumore. Il linfoma di Hodgkin è unico tra tutti i tumori per il fatto che le cellule maligne sono di gran lunga inferiori rispetto alle cellule del microambiente tumorale. Il linfoma di Hodgkin ha infatti la peculiarità di essere costituito, per il 5%, di cellule tumorali [cellule di Reed-Sternberg, (RS)], e per il 95% di cellule del microambiente, quali linfociti T e linfociti B: una percentuale che risulta “ribaltata” nelle altre tipologie tumorali. “L’articolo pubblicato sul Journal of Pathology – spiega il prof. Carlo-Stella – ripercorre le tappe fondamentali di 15 anni di studi sul Linfoma di Hodgkin, focalizzandosi sulle complesse interazioni tra la cellula di RS e il microambiente“.
“L’osservazione che le cellule neoplastiche rappresentino solo una minima percentuale del contesto tumorale, infatti – spiega il prof. Carlo-Stella – mette in evidenza l’importanza del microambiente nello sviluppo e nella progressione del linfoma di Hodgkin”. La cellula di RS intesse una complessa rete di rapporti con le differenti componenti (cellulari ed extra-cellulari) del microambiente circostante, attraverso interazioni e meccanismi non ancora del tutto chiariti. Risulta tuttavia chiaro che la cellula di RS modifica il microambiente per sviluppare pienamente il proprio fenotipo maligno ed eludere l’attacco immunitario da parte dell’ospite.
“Così – continua il professore – la cellula RS sintetizza chemochine e citochine che, una volta rilasciate nel microambiente, sono in grado di polarizzarlo in senso pro-tumorale. Citochine e chemochine a loro volta agiscono sulla cellula di RS aumentandone la resistenza e la capacità di proliferazione”.
Linfoma di Hodgkin, quali prospettive terapeutiche?
L’80% dei pazienti guarisce con trattamento chemio-radioterapico standard. Il 20% mostra refrattarietà alla terapia o tendenza a recidivare. In questi pazienti, la chemioterapia ad alte dosi e il trapianto di cellule staminali autologhe sono diventati lo standard di cura. Per quelli che non guariscono con trapianto di cellule staminali autologhe nuovi approcci terapeutici sono disponibili, come l’anticorpo monoclonale anti-CD30 – Brentuximab Vedotin e l’anticorpo monoclonale anti-recettore di PD-1 – Nivolumab.
“CD30 – spiega il prof. Carlostella – è un antigene espresso sulla superficie della membrana cellulare di RS. Dopo il legame con antigene, l’anticorpo anti-CD30 viene internalizzato nella cellula, liberando una molecola citotossica”.
Anche l’inibitore di PD-1 ha dimostrato un’attività antitumorale promettente in pazienti pretrattati. “La cellula di RS – spiega il prof. Carlo-Stella – esprime PDL1, ligando il cui ricettore (PD-1) si trova sui linfociti T. In condizioni normali, le cellule tumorali vengono attaccate dal sistema immunitario, che le riconosce come estranee all’organismo. L’espressione della proteina PD-L1(ligando della proteina PD-1) sulla superficie delle cellule tumorali consente ai tumori di sfuggire all’identificazione e al successivo attacco del sistema immunitario, e quindi di continuare a crescere e proliferare. In particolare, all’avvicinarsi di una cellula T, PD-L1 si lega a una proteina che funge da recettore (PD-1) presente sulla superficie delle cellule immunitarie, inibendo l’attività della cellula T”. “Questo nuovo farmaco blocca PD-L1, impedendogli di legarsi a PD-1 e impedendo ai linfociti T di esercitare la loro attività tumorale: i linfociti T – conclude Carlo-Stella – vengono quindi ricondotti all’ordine, e riacquistano le loro capacità citotossiche contro il tumore”.
L’articolo integrale è consultabile sul sito del Journal of Patology.
-
2.3 milioni visite
-
+56.000 pazienti PS
-
+3.000 dipendenti
-
45.000 pazienti ricoverati
-
800 medici