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Reflusso gastroesofageo


Cos’è il reflusso gastroesofageo?

La malattia da reflusso gastroesofageo si verifica quando i succhi gastrici vengono in contatto con la parete dell’esofago, provocando bruciore di stomaco (dietro lo sterno) e rigurgito acido. Il passaggio di acido dallo stomaco all’esofago avviene fisiologicamente durante la giornata, soprattutto dopo mangiato. Tuttavia, se questi eventi superano una determinata soglia, in termini di frequenza e durata, si verifica una vera e propria malattia. È una condizione che colpisce circa il 10-20% della popolazione in Europa ed è meno frequente nelle popolazioni asiatiche.

Il reflusso gastroesofageo si presenta con sintomi cosiddetti “tipici” (bruciore retrosternale, ossia dietro il petto, e rigurgito acido in bocca) oppure con sintomi “atipici” (tosse, dolore alla gola). Il bruciore occasionale viene solitamente gestito con alcuni accorgimenti nello stile di vita (evitare alcuni cibi, ridurre il sovrappeso), e trattato con farmaci (perlopiù da banco). Quando il disturbo diventa quotidiano, questo può influire decisamente sulla qualità di vita. Nel 30-35% dei casi la malattia da reflusso gastroesofageo si complica con erosioni a livello dell’esofago (quadro di esofagite), ulcere o restringimenti (3-5%), mentre nella maggior parte dei casi non determina lesioni.

Quali sono le cause del reflusso gastroesofageo?

Il reflusso gastroesofageo è una malattia che è causata da diversi fattori:

  • alimentari;
  • anatomici;
  • funzionali;
  • ormonali;
  • farmacologici.

Il tono dello sfintere esofageo inferiore (zona di passaggio tra esofago e stomaco) costituisce una barriera pressoria contro il reflusso ed è il componente più importante del meccanismo antireflusso. Quando la pressione della zona si riduce, come ad esempio durante il passaggio di acqua o cibo, il materiale acido e non-acido risale dallo stomaco all’esofago (anche in condizioni normali).

Se la quantità e la durata del reflusso superano una determinata soglia, si verifica la malattia da reflusso gastroesofageo. La pressione della giunzione tra esofago e stomaco mostra considerevoli variazioni diurne ed è influenzata dalla dieta, dagli ormoni circolanti e da alcuni farmaci. Un aumento della pressione intra-addominale, come nelle persone in sovrappeso e nelle donne in gravidanza, predispone maggiormente al reflusso.

Quali sono i sintomi del reflusso gastroesofageo?

I sintomi tipici del reflusso sono:

  • bruciore dietro lo sterno (cosiddetta pirosi retrosternale) che si irradia posteriormente fra le scapole o al collo fino alle orecchie;
  • rigurgito acido (ovvero percezione di liquido amaro o acido in bocca).   

I sintomi si possono presentare in modo continuativo durante la giornata, oppure in modo intermittente. Ad esempio, i sintomi del reflusso possono verificarsi al risveglio, dopo i pasti e durante la notte (tipicamente da mezzanotte alle 3 di mattina) o solo in posizione sdraiata e mentre ci si piega in avanti (per es. mentre si allacciano le scarpe).

I sintomi “atipici” del reflusso sono:

Reflusso gastroesofageo: come si fa la diagnosi?

I sintomi tipici (bruciore dietro il petto e rigurgito acido in bocca) sono già sufficienti per eseguire una diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo. Se dopo un breve periodo di terapia con gastroprotettori non si ottengono risultati, oppure se ci sono anche sintomi “di allarme” come dimagrimento, debolezza, anemia, è necessario eseguire alcuni test diagnostici.

Fra gli esami utili per la diagnosi del reflusso ci sono:

  • Esame radiologico del tubo digerente: viene fatta bere al paziente una piccola quantità di liquido di contrasto biancastro, che permette di visualizzare l’anatomia e la funzione dell’esofago, dello stomaco e delle prime parti dell’intestino tenue.
  • Gastroscopia (EGDS): consente di esaminare l’esofago, lo stomaco ed il duodeno, attraverso l’introduzione di uno strumento flessibile nel quale è incorporata una telecamera ed un sottile canale, attraverso il quale è possibile far passare la pinza bioptica per eseguire piccoli prelievi di mucosa (biopsie).
  • Manometria esofagea: l’esame consiste nell’introduzione di una sonda attraverso il naso e la somministrazione di acqua in piccoli sorsi. Può essere utile per valutare se ci sono anomalie della motilità dell’esofago (peristalsi).
  • pH-impedenziometria delle 24 ore: si posiziona un sondino piccolo e sottile che, passando attraverso il naso, arriva fino all’esofago ed è connesso ad un palmare. L’esame dura 24 ore e consente il monitoraggio della quantità di materiale refluito (sia acido che non acido) nell’esofago.

Come trattare il reflusso gastroesofageo

La terapia iniziale per il reflusso gastroesofageo si basa su:

  • un’adeguata educazione alimentare e dello stile di vita, volta a ridurre il peso corporeo (soprattutto la circonferenza addominale) ed evitando il fumo e gli alimenti che potrebbero peggiorare l’acidità come cioccolata, menta, caffè, alcolici, pomodoro, agrumi.
  • evitare di coricarsi subito dopo i pasti, soprattutto quando pesanti o abbondanti (sarebbe necessario attendere almeno 3 ore) e di consumare un pasto leggero alla sera.

Se i disturbi permangono nonostante le correzioni alimentari, vengono prescritti dei farmaci, che possono essere:

  • Antiacidi: neutralizzano l’acido nello stomaco. Hanno un’azione rapida ma sono utili solo come rimedio sintomatico, non essendo in grado di guarire la mucosa esofagea da eventuali erosioni (esofagite). L’abuso di queste sostanze può inoltre causare problemi di diarrea o stipsi (stitichezza).
  • Farmaci che riducono la produzione di acido: gli H2 antagonisti (famotidina, ranitidina) sono rapidi ed il loro effetto dura più a lungo rispetto agli antiacidi. Il limite del loro utilizzo è dettato dal fatto che, dopo un periodo di tempo variabile, possono smettere di funzionare.
  • Farmaci che bloccano la produzione di acido: gli inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo, rabeprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo) hanno un’azione iniziale un po’ più lenta rispetto agli H2 antagonisti (comincia dopo 48 ore). Questa classe di farmaci, tuttavia, cura in maniera più efficace le erosioni a livello dell’esofago.
  • Farmaci procinetici:  vengono utilizzati per migliorare lo svuotamento dell’esofago e dello stomaco, impedendo il reflusso di materiale, soprattutto dopo i pasti. Questi farmaci (clebopride, domperidone, metoclopramide, eritromicina, levosulpiride), in una piccola percentuale di casi, possono presentare effetti indesiderati come tremori, disturbi neurologici (metoclopramide), allungamento del tratto QT all’elettrocardiogramma (domperidone, eritromicina), e aumento dei livelli di prolattina (clebopride, domperidone, levosulpiride).

La chirurgia per il trattamento del reflusso gastroesofageo è la fundoplicatio laparoscopica, intervento che mira a ristabilire la continenza della valvola esofago-gastrica, ma è considerata una misura da riservare a pazienti che non rispondono ai farmaci e che presentano contemporanei problemi anatomici, come ernie iatali di grandi dimensioni.

Negli ultimi anni si è affermato anche il trattamento endoscopico, mininvasivo, del reflusso gastroesofageo che, utilizzando una speciale strumentazione che viene introdotta attraverso la bocca, riesce a dare ottimi risultati in quei pazienti con reflusso di lunga durata con sintomi recidivi all’interruzione della terapia farmacologica, o che hanno controindicazioni alla terapia farmacologica.

Come prevenire il reflusso gastroesofageo

Le misure di prevenzione del reflusso gastroesofageo consistono nel mantenere o perseguire un peso corporeo idoneo e nel condurre una dieta equilibrata, evitando, se si è predisposti al reflusso, alimenti ricchi di grassi o “reflussogeni” (che possano favorire il reflusso, come cioccolata, menta, caffè, alcolici, pomodoro, agrumi, cibi fritti).

Visita gastroenterologica

La visita per il reflusso gastroesofageo serve per diagnosticare e gestire la risalita dei succhi gastrici dallo stomaco all’esofago, che può causare sintomi come bruciore di stomaco e rigurgito acido. Durante la visita, il medico può suggerire esami come l’endoscopia o il pH-metro esofageo per valutare la gravità del reflusso e proporre trattamenti per alleviare i sintomi e prevenire danni ulteriori all’esofago.

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