Che cos’è la pericardite?
La pericardite è un’infiammazione che colpisce il pericardio, la membrana che riveste il cuore e l’origine dei grandi vasi. Il pericardio è costituito da due foglietti, separati da un sottile strato di liquido, il fluido pericardico.
L’infiammazione dei foglietti pericardici può determinare o meno un incremento del liquido pericardico (versamento pericardico). Quando il versamento pericardico è abbondante e la sua formazione repentina, può determinare il collasso delle camere cardiache: in questo caso parliamo di tamponamento cardiaco, emergenza cardiologica potenzialmente letale che necessita di un tempestivo intervento per drenare il fluido in eccesso.
Raramente, l’infiammazione, se particolarmente severa e prolungata, può esitare in fibrosi e calcificazione, con conseguente ispessimento e irrigidimento del pericardio. In tale condizione, definita pericardite costrittiva, il pericardio diviene una vera e propria gabbia per il cuore, impedendone la corretta espansione e riempimento.
Infine, la pericardite può o meno associarsi o essere conseguenza di un’infiammazione del muscolo cardiaco (miocardite), in tali casi si parlerà di miopericardite.
In base alla durata dell’infiammazione, la pericardite si potrà definire acuta (durata inferiore a 4 settimane), incessante (durata fra 4 e 12 settimane) e cronica (durata maggiore a 12 settimane). Se la pericardite acuta recidiva entro due anni dal primo episodio, si parlerà invece di pericardite ricorrente.
Quali sono le cause della pericardite?
Le cause della pericardite possono essere infettive o non infettive, tuttavia, nella maggior parte dei casi, la pericardite è definita idiopatica, ovvero non è possibile identificare una chiara causa scatenante.
Frequentemente, la pericardite acuta ammette una genesi virale (in particolare virus influenzali e parainfluenzali, nonché il SARS-CoV-2 legato a COVID-19). Più raramente, alcuni batteri (in particolare i micobatteri della tubercolosi), funghi e parassiti possono essere coinvolti.
Tra le cause non infettive vi sono tumori, infarto miocardico, insufficienza renale avanzata (pericardite “uremica”), disturbi della funzione tiroidea, malattie autoimmuni, farmaci (tra cui antibiotici e antineoplastici), trattamenti radianti, traumi o lesioni (anche conseguenti a procedure diagnostiche o terapeutiche che coinvolgono il pericardio, quali gli interventi cardiochirurgici).
Quali sono i sintomi della pericardite?
Il sintomo tipico della pericardite è il dolore toracico, più intenso in posizione supina e alleviato dalla posizione seduta e reclinata in avanti; varia con la respirazione e la tosse.
Essendo la genesi virale fra le più comuni, spesso la pericardite acuta è preceduta da sintomi influenzali (tosse, febbre) e/o gastroenterici (diarrea, nausea, vomito).
Altri sintomi possono essere legati a quelli della specifica causa sottostante.
Pericardite: come si fa la diagnosi?
Per diagnosticare la pericardite possono essere necessari i seguenti esami:
- Esame obiettivo cardiologico: a un’accurata auscultazione del cuore è possibile apprezzare degli sfregamenti, che riflettono lo scorrimento fra loro dei foglietti pericardici inspessiti ed infiammati.
- Elettrocardiogramma (ECG): sono presenti alterazioni dell’attività elettrica cardiaca in più della metà dei casi di pericardite.
- Radiografia del torace: può suggerire la presenza di versamento pericardico ed evidenziare polmoniti concomitanti.
- Esami ematici: con particolare attenzione al rialzo degli indici infiammatori;
- Ecocardiogramma transtoracico: permette di individuare e quantificare il versamento pericardico nonché il suo impatto sul riempimento delle camere cardiache.
Come trattare la pericardite?
Se i sintomi e gli esami diagnostici suggeriscono una malattia specifica come causa della pericardite, questa andrà indagata e trattata.
Nella maggior parte dei casi, quando la pericardite è idiopatica, il trattamento prevede la somministrazione di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) ad alte dosi, come acido acetilsalicilico o ibuprofene, per diverse settimane, riducendo progressivamente la dose. Si associa la colchicina, un farmaco blandamente immunosoppressivo, per ridurre il rischio di recidive. I sintomi solitamente si alleviano nell’arco di qualche giorno di trattamento.
Nel caso i FANS risultino inefficaci o siano controindicati, si prescrive una terapia a base di corticosteroidi, che rappresentano abitualmente una seconda linea terapeutica.
Per i pazienti che presentano pericarditi ricorrenti nonostante prolungate terapie corticosteroidee si può considerare l’uso di terapie immunosoppressive più potenti: azatioprina, anakinra, immunoglobuline endovena.
In tutti i casi, è tuttavia indispensabile astenersi dall’esercizio fisico per almeno due settimane dall’esordio di una pericardite acuta, e comunque fino a risoluzione clinica e laboratoristica dell’infiammazione.
Si può prevenire la pericardite?
Purtroppo, non è possibile adottare misure per la prevenzione della pericardite. In questo caso, una tempestiva valutazione cardiologica può consentire una tempestiva diagnosi e terapia, in modo da prevenire l’evoluzione verso forme croniche o ricorrenti della malattia.