Che cos’è l’epatite E?
L’epatite E è un’infezione epatica causata dal virus a RNA dell’epatite E (HEV). L’HEV è uno dei virus epatotropi maggiori, i quali hanno come bersaglio specifico le cellule del fegato, causando infiammazione e potenzialmente compromettendo le funzioni dell’organo. L’epatite E è diffusa in particolar modo in America Latina e Asia sudorientale, con un’incidenza di 20 milioni di casi nel mondo ogni anno. In Italia tra il 2006 e il 2016 sono stati registrati circa 200 casi, in parte autoctoni e in parte di importazione, un numero verosimilmente sottostimato a causa di mancate diagnosi, mancate segnalazioni o per mancata esecuzione di test specifici per HEV.
Quali sono le cause dell’epatite E?
Il virus dell’epatite E viene contratto per via oro-fecale, quindi attraverso il consumo di acqua o frutta e verdura contaminate da feci infette. L’epatite E può trasmettersi anche attraverso l’ingestione di carni non trattate in maniera adeguata, come ad esempio salsicce crude o insaccati a produzione domestica, sia di maiale che di selvaggina. Estremamente rara, invece, la trasmissione materno-fetale della malattia oppure attraverso emocomponenti. L’epatite E risulta endemica in particolar modo in quelle zone dove le condizioni socioeconomiche e igieniche sono peggiori.
Quali sono i sintomi dell’epatite E?
I sintomi dell’epatite E si manifestano circa 15-60 giorni dopo il momento del contagio. Tra i sintomi si annoverano:
- affaticamento
- nausea
- vomito e inappetenza
- dolori e disagio addominale
- febbricola
- ittero
- eruzioni cutanee e cute pruriginosa.
L’epatite E ha generalmente un decorso acuto con risoluzione spontanea nel corso di poche settimane. Tuttavia, in particolari sottogruppi di pazienti, può determinare un’infezione cronica, come nei pazienti immunodepressi, oppure un’infezione acuta a decorso fulminante, come nelle donne in gravidanza o nei pazienti con una malattia epatica sottostante.
Come prevenire l’epatite E?
L’epatite E si previene attenendosi a semplici norme igieniche, come lavarsi le mani, in particolar modo prima di mangiare o cucinare, cuocere adeguatamente ogni alimento ed evitare l’assunzione di insaccati a produzione casalinga. Se si viaggia in paesi dove l’epatite E è endemica è opportuno non assumere acqua non imbottigliata: bisogna quindi evitare di bere bevande con ghiaccio e di mangiare frutta e verdura crude (e alimenti crudi in generale).
Epatite E: come si fa la diagnosi
L’epatite E si diagnostica attraverso una visita medica, in cui lo specialista valuta i sintomi e i segni del paziente, a cui seguiranno test di laboratorio dapprima di inquadramento, come:
- transaminasi
- bilirubina
- indici di colestasi.
Successivamente, una volta chiaro il quadro di epatite, seguiranno test specifici per la ricerca dei virus epatotropi, tra cui gli anticorpi diretti contro gli antigeni dell’HEV ed eventualmente la ricerca dell’RNA virale dello stesso.
Come trattare l’epatite E
Nella stragrande maggioranza dei casi l’epatite E si manifesta in maniera lieve, non necessitando di alcun trattamento specifico. Il paziente dovrà limitarsi a un periodo di convalescenza, rispettando norme igieniche basilari al fine di evitare la propagazione dell’infezione, come l’utilizzo di un bagno a uso esclusivo o la disinfezione dei sanitari a seguito del loro utilizzo, oltre che a una scrupolosa igiene delle mani.
In casi specifici, come pazienti immunocompromessi, pazienti con sottostante patologia epatica, donne in gravidanza o nei rari casi di malattia grave, può rendersi necessaria l’ospedalizzazione e l’eventuale assunzione di farmaci specifici, come la ribavirina.