L’endometriosi è una malattia ginecologica benigna, causata dall’impianto di cellule endometriali normalmente presenti nella cavità uterina, al di fuori di questa. Tale anomalia causa a livello pelvico uno stato infiammatorio cronico sia a carico dell’apparato genitale sia di organi circostanti (vescica e intestino), manifestandosi con dolori di variabile intensità che si esacerbano soprattutto in fase mestruale e talvolta con una difficoltà al concepimento, entrambe condizioni che possono peggiorare significativamente la qualità di vita delle pazienti affette, tanto da esser considerata oggi una patologia cronica invalidante.
Che cos’è l’endometriosi?
L’endometriosi è un’anomalia delle cellule endometriali (le cellule normalmente presenti nella cavità uterina) che presenta aspetti ancora misconosciuti, per via della complessità della patologia e delle difficoltà diagnostiche. L’endometriosi presenta inoltre difficoltà e percorsi differenziati dal punto di vista terapeutico, poiché i diversi stadi della malattia e la diversa tipologia delle pazienti che ne sono affette richiedono approcci e trattamenti diversificati e personalizzati.
È una patologia molto frequente nella popolazione generale e interessa il 10-20% delle donne in età fertile. Colpisce infatti prevalentemente donne tra i 25 e i 35 anni ed è praticamente assente in età pre-puberale e post-menopausale.
Quali sono le cause dell’endometriosi?
L’endometriosi è provocata dall’impianto di cellule endometriali al di fuori del sito fisiologico, ossia la cavità uterina. Si tratta di un’anomalia che provoca infiammazione cronica a livello pelvico, andando a interessare l’apparato genitale e gli organi circostanti, come l’intestino e la vescica.
Le fasi dell’endometriosi
La gravità e l’estensione della patologia endometriosica è stata classificata in quattro distinte fasi dall’American Society for Reproductive Medicine (ASRM), l’organizzazione dedicata al progresso della scienza e della pratica della medicina riproduttiva.
La classificazione degli stadi si basa sul livello di estensione della patologia e sulla gravità dei danni, che condiziona le possibilità di trattamento:
Stadio 1 – Endometriosi Minima: l’estensione della patologia è minima e si caratterizza per la presenza di pochi millimetri di tessuto endometriale al di fuori dell’utero, localizzati in posizione superficiale nei tessuti.
Stadio 2 – Endometriosi Lieve: è caratterizzata da un maggior numero di lesioni, che risultano anche più profonde.
Stadio 3 – Endometriosi Moderata: l’estensione è maggiore. Sono presenti cisti ovariche (endometriomi) mono o bilaterali e tessuto aderenziale e/o cicatriziale tra gli organi pelvici.
Stadio 4 – Endometriosi Grave: impianti endometriosici molto profondi e presenza di voluminose cisti su una o entrambe le ovaie. Inoltre esiti cicatriziali e aderenziali importanti.
Quali sono i sintomi dell’endometriosi?
L’endometriosi spesso è asintomatica e non influisce sulle possibilità di concepimento.
Anche la dismenorrea (dolore durante il ciclo mestruale) non è necessariamente un sintomo correlato alla presenza di endometriosi, essendo presente molto spesso, fin dall’adolescenza, anche in donne non affette dalla patologia. Tuttavia una condizione caratterizzata da dismenorrea importante e poco responsiva agli antidolorifici potrebbe essere un segnale della presenza di endometriosi pelvica; in tal caso il sintomo è spesso crescente e invalidante sullo svolgimento delle attività quotidiane, risultando atipico rispetto al passato.
Altre manifestazioni tipiche dell’endometriosi sono i dolori pelvici profondi avvertiti durante i rapporti (dispareunia) e i dolori pelvici cronici intermestruali. Nei rari casi di coinvolgimento extragenitale della patologia, le pazienti possono riferire anche disturbi alla defecazione o alla minzione, anch’essi per lo più associati alla fase mestruale.
Il dolore è il primo campanello d’allarme dell’endometriosi. Le donne che iniziano ad accusare un’intensa sintomatologia dolorosa nei giorni del ciclo (sintomi che, a volte, non si risolvono neppure con antidolorifici e/o antispastici) o che osservino di avere dolore durante i rapporti sessuali, devono prontamente fare riferimento allo specialista.
Diagnosi
La diagnosi è nel 30-40% dei casi accidentale e avviene durante controlli ginecologici di routine o controlli specialistici eseguiti per altre patologie.
La patologia è caratterizzata da un’ampia variabilità di presentazione clinica con possibilità di coinvolgimento multiorgano, tale da rendere necessario un percorso diagnostico e terapeutico personalizzato per ogni paziente.
Per tale motivo è essenziale rivolgersi da subito a un centro specializzato, dove poter incontrare operatori esperti nello studio della patologia. Per una corretta diagnosi bisogna utilizzare adeguatamente gli strumenti medici di base, quali una scrupolosa raccolta dei sintomi, la visita ginecologica che comprenda l’esplorazione vaginale e quando indicata rettale, e un’ecografia pelvica di secondo livello in grado di identificare anche localizzazioni della malattia al di fuori dell’apparato genitale. In casi selezionati possono essere utili un’ecografia dell’apparato urinario, la risonanza magnetica o indagini sull’intestino.
Trattamenti
Il corretto trattamento dell’endometriosi deve tener conto delle diverse opzioni a disposizione, che comprendono la chirurgia, la terapia medica, ma anche in alcuni casi l’osservazione.
Se la patologia è ancora in fase iniziale, con piccoli endometriomi a carico delle ovaie e/o impianti peritoneali non rilevanti, non ci sono sintomi, la donna non sta cercando figli e i controlli dicono che la situazione è stabile, si può tranquillamente tenere una semplice condotta di attesa.
In caso di una sintomatologia manifesta, con dolore durante il ciclo mestruale, è possibile sottoporsi a una terapia farmacologica (utile anche dopo la chirurgia a limitare il rischio di recidiva). Si tratta di terapie che non risolvono la malattia, ma tengono sotto controllo i sintomi, garantendo un miglioramento della qualità della vita. Abitualmente vengono utilizzati farmaci a base di progesterone o le associazioni estro-progestiniche (pillola anticoncezionale). Questi farmaci possono essere utilizzati per un tempo molto lungo e sono molto efficaci nel contrastare la sintomatologia algica.
La chirurgia ha come obiettivo quello di risolvere il danno d’organo causa del sintomo doloroso, dedicando un’attenzione e una cura particolare alla preservazione del potenziale riproduttivo.
Le indicazioni oggi sono quelle di sottoporre a intervento chirurgico solo quei casi in cui non ci sono alternative, poiché la chirurgia può portare alla diminuzione del potenziale riproduttivo della donna per una riduzione della sua riserva ovarica.
In caso di intervento, la chirurgia endoscopica mini-invasiva, che può talvolta avvalersi anche dell’ausilio del robot, assicura il miglior impatto clinico con i migliori risultati in termini di esiti post chirurgici sia a breve sia a lungo termine, poiché da un lato risparmiando significative incisioni cutanee risulta meno dolorosa e più estetica, dall’altro comporta una minor sindrome aderenziale pelvica post chirurgica.
Nei casi in cui la malattia comporti un interessamento extragenitale, si rende necessario un approccio multidisciplinare, che coinvolga specialisti diversi, soprattutto urologo e chirurgo generale, di elevato livello nel proprio settore di modo da garantire un approccio chirurgico completo.
Un ruolo irrinunciabile spetta anche alla terapia medica, che viene spesso prescritta dopo l’atto chirurgico, per contrastare le recidive di malattia e tenere sotto controllo la sintomatologia clinica, con sostanziali miglioramenti nella qualità dellla vita. Nelle pazienti che cercano una gravidanza, la terapia medica va debitamente “temporizzata” e modulata sia nei casi di ricerca spontanea, che nelle pazienti da avviare a un percorso di fecondazione assistita.
Come per tutte le patologie croniche, lo stile di vita sano può modificare positivamente l’andamento della malattia, con conseguente riduzione dei sintomi. Un’alimentazione ricca di cibi anti infiammatori e disintossicanti, con adeguato apporto di fibre, vitamine e acidi grassi Omega 3, e con la riduzione dell’introduzione proteine di origine animale, così come l’astensione dal fumo e lo svolgimento di un esercizio fisico regolare, possono migliorare significativamente la qualità di vita della paziente affetta da endometriosi.
Endometriosi e infertilità
Le pazienti affette da endometriosi possono aver maggior difficoltà a ottenere una gravidanza e questo è il motivo per cui la preservazione del potenziale riproduttivo rimane sempre al centro delle nostre scelte terapeutiche. “Endometriosi” non è però sinonimo di infertilità: bisogna sottolineare che il 70% delle pazienti riesce comunque a concepire. In ogni caso, in considerazione dell’aumentato rischio di infertilità associato alla patologia, dopo un adeguato periodo di ricerca prole spontanea da parte della coppia, è meglio avvalersi del supporto di professionisti in ambito di fisiopatologia della riproduzione in grado di offrire, ove indicato, congrue tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Centro Endometriosi in Humanitas
Da diversi anni è attivo presso l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano il Centro Endometriosi, che è accessibile a tutte le pazienti con diagnosi o sospetto diagnostico di malattia.
L’attività viene svolta in ambito pubblico da ginecologi esperti nella patologia che coordinano il successivo percorso diagnostico e terapeutico.
La visita ginecologica serve a valutare lo stato di salute degli organi genitali femminili, sia esterni che interni, e a prevenire o diagnosticare eventuali patologie.