La vitamina D è un nutriente essenziale coinvolto nella regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo. Nonostante il suo nome, non si tratta di una vitamina in senso stretto. Se, infatti, con “vitamina” ci si riferisce a sostanze organiche fondamentali per la vita e che devono necessariamente essere assunte tramite l’alimentazione perché l’organismo non è in grado di sintetizzarle, questo non vale per la vitamina D, il cui apporto è fornito dall’alimentazione solo per il 10-15%. Il restante 85-90% viene sintetizzato soprattutto attraverso l’esposizione ai raggi solari.
Il ruolo principale della vitamina D riguarda la regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo, fondamentali per la salute delle ossa. In particolare, la vitamina D favorisce l’assorbimento del calcio a livello intestinale e ne riduce l’eliminazione tramite le urine. Questo processo permette la crescita e la mineralizzazione fisiologica delle ossa.
Una carenza cronica di vitamina D può quindi determinare ridotte concentrazioni di calcio e fosforo nel sangue, favorendo condizioni patologiche come il rachitismo nei bambini e l’osteomalacia negli adulti. Il rachitismo è caratterizzato da ossa poco sviluppate e da deformità scheletriche specifiche, tra cui gambe arcuate e ginocchia valghe. L’osteomalacia determina invece un indebolimento delle ossa mature, che tendono a fratturarsi maggiormente.
Inoltre, la vitamina D è coinvolta nella modulazione del sistema immunitario. Una sua carenza può quindi essere associata a un aumento del rischio di infezioni e malattie autoimmuni.
Quali sono le cause della carenza di vitamina D?
La carenza di vitamina D può essere causata da diversi fattori, tra cui:
- Esposizione limitata alla luce solare: in Italia, la latitudine ci permette di avere un adeguato livello di vitamina D esponendo alla luce solare il 25% circa di superficie corporea per almeno 15 minuti 2-3 volte alla settimana da marzo a novembre. Nei mesi invernali, invece, l’intensità dei raggi solari è troppo bassa per effettuare la conversione del precursore in vitamina D e può pertanto essere necessario controllare il livello di vitamina D e valutare con il medico l’assunzione di integratori.
- Problemi di assorbimento intestinale: condizioni come la malattia celiaca o malattie infiammatorie croniche (es. malattia di Crohn) possono interferire con l’assorbimento della vitamina D.
- Dieta carente di vitamina D: alcuni alimenti (es. pesce grasso, uova e alimenti arricchiti) sono ricchi di vitamina D. Una dieta povera di questi alimenti può determinare una carenza.
- Pigmentazione della pelle: una maggiore pigmentazione cutanea può determinare una riduzione dell’assorbimento dei raggi ultravioletti e di conseguenza una ridotta conversione del precursore in vitamina D.
- Età: invecchiando si ha una minore capacità di sintesi cutanea.
- Gravidanza o allattamento.
- Obesità.
- Patologie dermatologiche estese (vitiligine, psoriasi, dermatite atopica, ustioni).
- Malattie intestinali che provocano malassorbimento.
- Patologie renali ed epatiche.
- Assunzione di farmaci che interferiscono con il metabolismo della vitamina D (terapie cortisoniche croniche, terapie anticomiziali).
Quali sono i sintomi della carenza di vitamina D?
La carenza di vitamina D è pressoché asintomatica e viene quindi scoperta abitualmente tramite gli esami del sangue.
Carenza di vitamina D: come si fa la diagnosi?
Nonostante le metodiche di dosaggio presentino importanti problemi metodologici, il livello della 25(OH) vitamina D (25OHD) circolante è il parametro universalmente riconosciuto come indicatore affidabile dello status vitaminico.
Il dosaggio del calcitriolo [1,25(OH)2 vitamina D] – andrebbe riservato a condizioni particolari di interesse specialistico. Nello specifico, si definiscono:
- Livelli sufficienti: generalmente considerati tra 30 e 100 nanogrammi per millilitro (ng/mL)
- Insufficienti: solitamente tra 20 e 29 ng/mL
- Carenti: solitamente al di sotto di 20 ng/mL
Come trattare la carenza di vitamina D?
Il trattamento della carenza di vitamina D prevede spesso l’integrazione di vitamina D (giornaliera, settimanale o mensile), generalmente per via orale, ma in presenza di gravi casi di malassorbimento sono possibili anche somministrazioni intramuscolo.
La forma più comune di integratore di vitamina D è la vitamina D3 (colecalciferolo), ossia quella sintetizzata dall’organismo mediante esposizione ai raggi del sole. La dose e la durata del trattamento possono variare in base ai livelli iniziali di vitamina D e alle comorbidità del paziente. È importante non integrare la vitamina D in autonomia ma seguire le indicazioni del medico, per evitare di assumerne un quantitativo eccessivo provocando un’intossicazione.