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Cardiomiopatia dilatativa


La cardiomiopatia dilatativa è una malattia che colpisce il muscolo cardiaco e che compromette la capacità del cuore di pompare efficientemente il sangue verso il resto dell’organismo.

Che cos’è la cardiomiopatia dilatativa?

La cardiomiopatia dilatativa è una malattia che interessa il muscolo cardiaco (miocardio) e che compromette la capacità del cuore di pompare efficientemente il sangue verso il resto dell’organismo. La cardiomiopatia dilatativa colpisce prevalentemente il ventricolo sinistro, la parte del cuore che invia il sangue nel resto dell’organismo attraverso l’aorta. Si tratta di un ingrossamento del ventricolo, che si associa a una ridotta capacità di pompare il sangue (insufficienza cardiaca “sistolica” o “con bassa frazione di eiezione”). Anche se in alcuni casi può essere asintomatica, la cardiomiopatia dilatativa è una malattia che, se non trattata, nel tempo può portare a scompenso cardiaco, una sindrome caratterizzata dall’accumulo di liquidi nei polmoni (congestione polmonare), nell’addome, nelle gambe e nei piedi, insufficienza (ossia incontinenza) valvolare mitralica e/o tricuspidale secondaria alla dilatazione ventricolare, e aritmie che possono anche causare morte improvvisa.

Quali sono le cause della cardiomiopatia dilatativa?

Nella maggior parte dei casi la cardiopatia dilatativa si sviluppa a seguito di infarti e malattia delle coronarie (cardiopatia ischemica), ipertensione arteriosa non controllata (cardiopatia ipertensiva) o malattie primitive delle valvola cardiache (cardiopatia valvolare). Si tratta in questi casi di cardiopatia dilatativa secondaria. In altri casi, invece, non è possibile risalire alle cause dell’ingrossamento del cuore e la cardiomiopatia dilatativa viene perciò definita primitiva (o cardiomiopatia propriamente detta). I motivi per cui il cuore può ingrossarsi sono diversi: mutazioni genetiche tendenzialmente ereditarie del DNA dei geni deputati alla funzione cardiaca (circa il 40% dei casi), difetti congeniti, pregresse infezioni del miocardio o malattie infiammatorie sistemiche, abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, alcuni chemioterapici, esposizione a sostanze tossiche come il piombo, il mercurio e il cobalto, malattie renali e della tiroide. In alcuni casi, più rari, la causa rimane sconosciuta e si definisce idiopatica. 

Quali sono i sintomi della cardiomiopatia dilatativa?

In genere i sintomi della cardiomiopatia dilatativa sono quelli dello scompenso cardiaco oppure sono dovuti ad aritmie e possono includere debolezza, fatica generalizzata, respiro affannoso in occasione di sforzi talora anche modesti o quando si è sdraiati, tosse secca persistente (in particolare da sdraiati), gonfiore addominale, delle gambe, dei piedi e delle caviglie, aumento improvviso di peso causato dalla ritenzione idrica, perdita di appetito, palpitazioni, capogiri o svenimenti, in particolar modo provocati dall’insorgenza di aritmie.

Come prevenire la cardiomiopatia dilatativa?

Il rischio di insorgenza di una cardiomiopatia dilatativa secondaria può essere ridotto controllando la pressione arteriosa e  prevenendo lo sviluppo di aterosclerosi coronarica e di infarto, evitando di fumare, assumendo un’alimentazione sana ed equilibrata e praticando un esercizio fisico regolare adatto alle proprie condizioni di salute. Per le forme primitive, invece, la diagnosi precoce è la miglior prevenzione di forme severe e delle complicanze della malattia. 

Diagnosi 

La diagnosi di cardiomiopatia dilatativa avviene o in seguito alla presa in carico del Pronto Soccorso, o in sede di visita cardiologica specialistica, richiesta dal paziente che avverte una sintomatologia sospetta o che ha una storia familiare di disturbi cardiologici. Durante la visita lo specialista valuterà sintomi, stile di vita, condizione clinica e presenza di eventuali problemi cardiologici in famiglia.

Il medico, se lo ritiene necessario, può prescrivere i seguenti esami:

Analisi del sangue: è possibile dosare il BNP (brain natriuretic peptide), che è elevato in presenza di scompenso cardiaco; possono essere presenti alterazioni degli indici di funzione epatica e renale, espressione della sofferenza di questi organi dovuta all’insufficienza cardiaca; è possibile valutare l’emocromo, gli indici di infiammazione e la funzionalità tiroidea per escludere particolari forme secondarie

  • Radiografia del torace (RX torace): fornisce due importanti informazioni: la prima riguarda le dimensioni del cuore e la seconda la presenza e il grado della congestione polmonare.
  • ECG: registra l’attività elettrica del cuore. Può presentare molteplici alterazioni, tra cui segni di pregresso infarto miocardico o segni di sovraccarico (affaticamento da “iperlavoro”) del ventricolo sinistro o disturbi elettrici. E’ possibile inoltre eseguire un Holter ECG delle 24 ore, che permette di registrare l’attività elettrica del cuore nell’arco della giornata per documentare eventuali aritmie. 
  • Ecocardiogramma: è un test di immagine che visualizza le strutture del cuore e il funzionamento delle sue parti mobili. L’apparecchio invia un fascio di ultrasuoni al torace, attraverso una sonda appoggiata sulla sua superficie, e rielabora gli ultrasuoni riflessi che tornano alla stessa sonda dopo aver interagito in modo diverso con le varie componenti della struttura cardiaca (miocardio, valvole, cavità). È l’esame cardine: permette di valutare le dimensioni e lo spessore delle pareti delle camere cardiache, la funzione contrattile (misurata con un parametro chiamato “frazione di eiezione”) e il funzionamento delle valvole, e di stimare la pressione dentro le camere cardiache e, indirettamente, le pressioni polmonari.
  • Risonanza magnetica (RM) cardiaca con mezzo di contrasto: produce immagini dettagliate della struttura del cuore e dei vasi sanguigni attraverso la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte a un intenso campo magnetico. Fornisce le stesse informazioni dell’ecocardiogramma, ma consente una miglior valutazione della  “struttura” del miocardio, permettendo così di identificare la presenza di processi infiammatori e di aree di fibrosi (cicatrici), sia del ventricolo sinistro che del ventricolo destro.
  • TC cuore con mezzo di contrasto: è un esame di diagnostica per immagini che comporta l’esposizione a radiazioni ionizzanti. Dà informazioni in parte analoghe a quella dell’RM, concentrandosi sull’anatomia delle valvole e eventuali calcificazioni. Con gli apparecchi attuali, somministrando mezzo di contrasto per via endovenosa, è poi possibile ricostruire il lume coronarico e ottenere informazioni su eventuali restringimenti critici e sulle grandi arterie che nascono dal cuore (arteria polmonare e aorta).
  • Test da sforzo con consumo di ossigeno: l’esame consiste nella registrazione di un elettrocardiogramma e dei alcuni parametri vitali (pressione, saturazione di ossigeno) mentre il paziente compie un esercizio fisico, generalmente camminando su un tapis roulant o pedalando su una cyclette; si applica inoltre un boccaglio per la misurazione dei gas espirati. Il test viene condotto secondo protocolli predefiniti. Permette di acquisire molteplici informazioni, tra cui le più importanti sono la funzione del cuore, la resistenza all’esercizio del soggetto in esame e la comparsa di segni di ischemia sotto sforzo.
  • Coronarografia: è l’esame che consente di visualizzare le coronarie attraverso l’iniezione di mezzo di contrasto radiopaco al loro interno. L’esame viene effettuato in un’apposita sala radiologica, nella quale sono rispettate tutte le misure di sterilità necessarie. L’iniezione del contrasto nelle coronarie presuppone il cateterismo selettivo di un’arteria e l’avanzamento di un catetere fino all’origine dei vasi esplorati. Serve a escludere la presenza di una malattia coronarica significativa.
  • Cateterismo cardiaco: metodica invasiva che si basa sull’introduzione di un piccolo tubo (catetere) in un vaso sanguigno; il catetere viene poi spinto fino al cuore e consente di acquisire informazioni importanti sul flusso e sull’ossigenazione del sangue e sulla pressione all’interno delle camere cardiache e delle arterie e delle vene polmonari. Effettuato in casi specifici; documenta un aumento delle pressioni di riempimento ventricolari e, nelle forme più gravi, riduzione della portata cardiaca (ossia della quantità di sangue pompata dal cuore) e ipertensione polmonare.
  • Biopsia endomiocardica: si effettua durante l’esecuzione del cateterismo cardiaco mediante l’utilizzo di uno strumento chiamato biotomo. In genere le biopsie vengono effettuate sul lato destro del setto interventricolare, in rari casi a sinistra. È indicata per la diagnosi di cardiomiopatie più rare, come le cardiomiopatie infiltrative e nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa di recente riscontro e scompenso cardiaco “fulminante” per individuare la presenza di miocardite e, nel caso, identificare il tipo di cellule che sostengono il processo infiammatorio, perché ciò ha un importante valore per la terapia e prognostico.
  • Indagini genetiche: si effettuano analizzando il DNA dei globuli bianchi contenuti in un campione di sangue ottenuto mediante un normale prelievo venoso. L’esame permette di identificare varianti patogenetiche, ovvero mutazioni di geni importanti per la normale funzione e struttura del cuore che, se presenti, possono fornire utili informazioni per la diagnosi e la prognosi. Nel caso in cui venga identificata una mutazione, sarà poi possibile estendere l’analisi ai familiari “sani” per stratificare al meglio il rischio di sviluppare loro stessi la malattia e impostare il corretto follow-up. 

È di grande importanza che il paziente venga preso in carico da un centro specializzato, che consente lo svolgimento di esami di secondo livello e in cui sono presenti team multidisciplinari di specialisti (elettrofisiologo, cardiologo dello scompenso, genetista internista) in grado di fornire una valutazione adeguata della patologia e impostare tempestivamente il percorso di cura più adatto.

Trattamenti 

Quando la causa della cardiomiopatia dilatativa è nota, questa va, se possibile, rimossa o corretta. Indipendentemente dalla causa, va instaurata la terapia per l’insufficienza cardiaca, per migliorare i sintomi e aumentare la sopravvivenza. Attualmente la terapia per linsufficienza cardiaca comprende:

Farmaci: ACE-inibitori/sartani/ARNI, beta-bloccanti, anti-aldosteronici, diuretici,  i nuovi farmaci SGLT2 inibitori e in alcuni casi farmaci anti-aritmici. 

• L’impianto di un pacemaker (PM) biventricolari e/o un defibrillatore automatico (ICD).

• Nei casi più gravi, refrattari ai trattamenti sopra indicati: limpianto di dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) e/o il trapianto di cuore.

 

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