Il rabarbaro è una pianta. Per preparare fitoterapici si utilizzano le radici e la parte sotterranea del fusto (il rizoma), al cui interno sono presenti diverse molecole dotate di una potenziale azione farmacologica.
Fra queste sono incluse:
- sennosidi, dall’effetto lassativo
- emodina, che agisce sul tratto gastrointestinale influenzandone la motilità
I principi attivi del rabarbaro sembrano inoltre esercitare un’azione antimicrobica, agire positivamente sui livelli di colesterolo, promuovere l’eliminazione di batteri e tossine e il flusso di sangue nella mucosa dell’intestino e ridurre la permeabilità di quest’ultima.
A cosa serve il rabarbaro?
Il rabarbaro viene utilizzato in caso di:
Altri possibili utilizzi includono il trattamento di:
È inoltre utilizzato per facilitare i movimenti intestinali in caso di emorroidi e di ragadi anali.
Come si assume il rabarbaro?
Gli studi clinici condotti fino a oggi hanno previsto la somministrazione di rabarbaro sotto forma di estratto secco a un dosaggio compreso tra 20 e 50 mg per chilo di peso al giorno.
Il trattamento sperimentale dell’herpes labiale ha invece previsto l’applicazione ogni 2 o 4 ore, durante il giorno per 10-14 giorni, di una crema a base di estratti di rabarbaro e salvia a una concentrazione di 23 mg/grammo.
Effetti collaterali del rabarbaro
L’assunzione di rabarbaro non è stata associata a gravi effetti collaterali. Un problema in cui si può però incappare è l’aggravamento della diarrea o della costipazione.
Controindicazioni e avvertenze associati all’uso di rabarbaro
È meglio non assumere rabarbaro in caso di:
- appendicite
- mal di stomaco inspiegabile
- malattie infiammatorie dell’intestino, inclusi il morbo di Crohn, la colite e la sindrome dell’intestino irritabile
- malattie renali e storia di calcoli
- ostruzioni intestinali
- problemi epatici
Inoltre il rabarbaro può:
- interagire con la digossina, aumentandone la tossicità
- interferire con l’assorbimento dei farmaci assunti per via orale
- aggravare le carenze di potassio se assunto insieme a diuretici, corticosteroiri e radice di liquirizia
- potenziare gli effetti negativi dei farmaci pericolosi per il fegato
- potenziare l’effetto dei lassativi stimolanti
- aumentare il rischio di emorragia in chi assume warfarin
- forse, interagire con gli antiaritmici
- forse, stimolare le contrazioni uterine e avere effetti genotossici
Attenzione, infine, alle foglie della pianta: contengono acido ossalico a sufficienza per risultare velenose.