L'embolizzazione e la chemioembolizzazione dei tumori del fegato sono procedure ambulatoriali che vengono eseguite con lo scopo di chiudere selettivamente i vasi sanguigni responsabili dell'apporto di sangue – e quindi di nutrimento – ai tumori del fegato. L'inserimento del catetere per la somministrazione mirata degli agenti embolizzanti viene effettuata sotto controllo radiologico.
La chemioembolizzazione e l'embolizzazione dei tumori del fegato sono tra i trattamenti più diffusi sia del tumore epatico (epatocarcinoma, che in genere presenta una ricca vascolarizzazione intra-tumorale) non operabile, che delle lesioni secondarie del fegato (metastasi) provenienti da altri tumori.
Che cos'è l'embolizzazione e la chemioembolizzazione dei tumori del fegato?
L'embolizzazione dei tumori del fegato è una procedura mini-invasiva, non chirurgica, che provoca l'occlusione selettiva di vasi sanguigni attraverso l'introduzione volontaria di specifici agenti embolizzanti con l'obiettivo di interrompere l'afflusso di sangue e, quindi, di nutrimento al tumore e provocarne la necrosi.
In modo simile all'embolizzazione, la chemioembolizzazione è una procedura che consiste nell'iniezione di agenti chemioterapici associati a sostanze inerti in uno o più vasi arteriosi di una massa tumorale al fine di ottenere la necrosi del tumore stesso proveniente da vasellini arteriosi di pertinenza dell'arteria epatica. Alcune sostanze usate nella chemioembolizzazione sono in grado non solo di embolizzare la lesione ma di continuare a rilasciare nel tempo (fino a un mese) i principi attivi antitumorali che determinano una necrosi intra e peritumorale più importante dell'embolizzazione stessa.
Come si svolge l'embolizzazione e la chemioembolizzazione dei tumori del fegato?
L'intervento si svolge in condizioni di sterilità in sala angiografica. Dopo aver somministrato al paziente un'anestesia locale nell'area cutanea prescelta per l'inserimento del catetere – solitamente idonea a incannulare l'arteria femorale – il catetere viene portato sotto la guida dei raggi X fino all'arteria epatica o a uno dei suoi rami. Viene quindi iniettato il mezzo di contrasto che consente di visualizzare la distribuzione delle arterie del fegato (angiografia) e la presenza di lesioni tumorali. I vasi responsabili sono raggiunti con dei piccoli cateteri ed è quindi iniettato il materiale embolizzante o chemioembolizzante per ottenere la necrosi della neoplasia. Grazie all'utilizzo di micro-cateteri è attualmente possibile raggiungere in modo estremamente preciso ogni piccolo vaso sanguigno del network vascolare neoplastico. Dopo essersi assicurato della riuscita della procedura, il medico sfila il catetere e appone una medicazione compressiva sul punto d'ingresso del catetere nella cute (non sono necessari punti di sutura).
Quali sono i pro e i contro dell'embolizzazione e la chemioembolizzazione dei tumori del fegato?
L'embolizzazione e la chemioembolizzazione dei tumori del fegato sono utilizzate per il controllo e il trattamento di lesioni epatiche non resecabili chirurgicamente, in pazienti che si sono già sottoposti a precedenti terapie chemioterapiche e sono in progressione, in associazione con altri farmaci per potenziarne l'effetto. Ciascun paziente giunge a tale terapia solo dopo consulto multidisciplinare con colleghi di tutte le specialità relative al trattamento del fegato.
Con questo tipo di terapia mirata, ma nello stesso tempo molto lesiva delle cellule neoplastiche, non si verificano gli effetti collaterali più importanti tipici della chemioterapia sistemica (perdita dei capelli, nausee, ecc.)
Tra i rischi cui il paziente può andare incontro ci sono:
• reazioni allergiche al mezzo di contrasto, all'anestetico locale o alla sostanza sclerosante (molto rare).
• Ematoma dell'inguine post-procedura
Il trattamento di embolizzazione e la chemioembolizzazione dei tumori del fegato è pericoloso o doloroso?
Le procedure di embolizzazione e di chemioembolizzazione, alla pari di altre procedure che prevedono l'inserimento di cateteri e microcateteri, possono essere fastidiose e/o dolorose a seconda della tolleranza individuale e dello stato di salute generale del paziente, ma l'alto livello di specializzazione che si è raggiunto nello svolgimento della procedura e il monitoraggio radiologico le rende metodiche più che sicure.
Quali pazienti possono effettuare l'embolizzazione e la chemioembolizzazione dei tumori del fegato?
In generale, controindicazioni alla sottoposizione al posizionamento del catetere per l'embolizzazione e la chemioembolizzazione sussistono per i pazienti che soffrono di problematiche legate alla coagulazione del sangue, per i soggetti con malattie cardiovascolari, diabete o ipotensione. Particolare attenzione deve essere prestata ai soggetti con ipersensibilità ai mezzi di contrasto utilizzati per monitorare l'inserimento del catetere (che avviene sotto guida radiologica).
In particolare, per quanto riguarda la chemioembolizzazione sussistono controindicazioni alla sottoposizione al trattamento in caso di presenza di trombosi della vena porta e in caso di cirrosi epatica scompensata.
Ogni paziente giunge a questo trattamento solo dopo consulto multidisciplinare con colleghi di tutte le specialità relative alla cura delle malattie del fegato.
Follow-up
Il paziente al termine della procedura dovrà rimanere sdraiato per alcune ore e con una medicazione compressiva sull'inguine per evitare le complicanze dovute all'emorragia nella sede dell'incisione effettuata sull'arteria femorale per l'inserimento del catetere. Potrebbe comparire febbre, dolore al fianco e nausea (sintomatologia che è solitamente controllata con comuni farmaci antidolorifici, antiacidi, antiemetici e antipiretici). Il ricovero del paziente, solitamente, non dura più di due o tre giorni. Generalmente, entro sette giorni dalla sottoposizione alla procedura il paziente può riprendere l'attività lavorativa.
Sono previste norme di preparazione all'intervento?
Prima di sottoporsi a questo esame la paziente dovrà essere a digiuno di cibi solidi da almeno 8 ore. È consentito bere piccole quantità di liquidi (acqua non gassata o tè). Il paziente si recherà in sala angiografica con un accesso venoso periferico.