- La riproduzione femminile
- Il ciclo mestruale
- Il sistema riproduttivo maschile
- Infertilità femminile
- Infertilità maschile
- La fecondazione
La riproduzione femminile
Ogni femmina nasce con circa 1-2 milioni di ovociti, alla pubertà si sono già ridotti a 300-500 mila e fino alla menopausa la riserva ovarica andrà pian piano impoverendosi.
Le cellule uovo sono immagazzinate all’interno dei follicoli ovarici primordiali posti nelle due ovaie. In genere, a ogni ciclo mestruale un solo ovocita matura (ovulazione) e contemporaneamente molti altri (50-100) “vanno in atresia” (ossia scompaiono), finché l’intera riserva ovarica si annulla o quasi. A questo punto la donna entra in menopausa (assenza di mestruazione da almeno sei mesi), sebbene sia uscita dall’età fertile circa sette anni prima di questo fenomeno. Negli anni che precedono la menopausa, infatti, la donna, pur avendo un ciclo mestruale più o meno regolare, ha scarsissime possibilità di concepire a causa di una riduzione numerica e qualitativa degli ovociti residui.
Il consumo mensile degli ovociti è il vero fenomeno limitante della fertilità femminile e appare un elemento inarrestabile. Non si ferma infatti nel periodo della gravidanza, o per l’assunzione di estroprogestinici (pillola contraccettiva) o altri farmaci. Il numero iniziale di ovociti è determinato nel corso della vita intrauterina (attorno alla ventesima settimana di gravidanza) ed è diverso per ciascuna alla nascita.
Il consumo della riserva di ovociti può essere influenzato da condizioni genetiche, familiari o altri fattori come alcune sostanze tossiche ambientali o farmacologiche; la menopausa può pertanto insorgere in momenti differenti da donna a donna.
Durante la fase fertile della vita femminile, il rilascio dell’ovocita maturo (ovulazione) avviene ogni quattro settimane circa. Dopo l’ovulazione, l’ovocita viene catturato da strutture (dette fimbrie) localizzate sulla parte terminale delle tube di Faloppio; ed è all’interno delle tube che gli ovociti possono essere fecondati dagli spermatozoi. Dopo la fecondazione, l’ovocita fecondato (zigote) percorre le tube, grazie a ciglia vibratili che ne permettono il movimento e lo sospingono verso l’utero. Nel corso di questo percorso l’ovocita fecondato si sviluppa progressivamente dalle due cellule (blastomeri) che compongono l’embrione nelle fasi iniziali della divisione cellulare (embrione allo stadio di clivaggio), fino alle oltre 100 cellule raggiunte dopo cinque giorni di sviluppo. Avviene inoltre la divisione tra cellule che daranno origine all’embrione e cellule che daranno origine alla placenta (embrione allo stadio di blastocisti). L’embrione entra poi nella cavità uterina, dove il rivestimento interno dell’utero (endometrio) si ispessisce e acquisisce le caratteristiche adatte all’impianto dell’embrione stesso.
Se l’ovocita non viene fecondato, oppure l’embrione ha subito un arresto nel suo sviluppo o non riesce a impiantarsi nella cavità uterina, l’endometrio si sfalda, staccandosi dalle pareti uterine e provocando quindi la mestruazione.
Il ciclo mestruale
Nella maggior parte delle donne il ciclo mestruale dura 28 giorni, ma possono esserci variazioni da donna a donna e anche da ciclo a ciclo anche nella stessa persona.
La prima parte del ciclo (fase follicolare) inizia quando nel sangue i livelli di ormoni femminili (estrogeni e progesterone) si abbassano; il giorno di arrivo delle mestruazioni è convenzionalmente indicato come primo giorno del ciclo.
La diminuzione degli estrogeni che avviene nella fase mestruale e premestruale fa sì che l’ipotalamo, una ghiandola localizzata alla base del cervello, rilasci una molecola ormonale chiamata GnRH che, a sua volta, stimola l’ipofisi (un’altra piccola ghiandola localizzata nel cervello) a produrre altri due ormoni (gonadotropine), detti FSH (ormone follicolo stimolante) e LH (ormone luteinizzante), responsabili dello sviluppo e maturazione degli ovociti.
L’FSH stimola lo sviluppo di molti follicoli ovarici che, dopo un lungo percorso durato mesi, giungono a essere sensibili a questa sostanza (follicoli antrali). Le cellule dei follicoli antrali producono gli estrogeni necessari affinché l’endometrio cresca per accogliere l‘embrione nella cavità dell’utero. Grazie a un sistema di feedback, l’aumento degli estrogeni è un segnale per il cervello, che riduce la produzione di GnRH e, di conseguenza, quella di FSH. A questo punto lo sviluppo dei follicoli si arresta e tutti si fermano, tranne, in genere, il follicolo dominante.
Quando i livelli di estrogeni sono sufficientemente alti per un numero minimo di giorni, l’ipofisi aumenta improvvisamente i livelli di LH (picco di LH) con conseguente induzione della maturazione finale dell’ovocita e il suo rilascio. Nelle 24-36 ore successive si verifica l’ovulazione, con la rottura del follicolo e il rilascio del liquido in esso contenuto e dell’ovocita nella cavità addominale. Dato che il picco di LH si realizza intorno al 12° giorno di un ciclo mestruale tipico, il giorno dell’ovulazione è all’incirca il 14°.
Con l’ovulazione inizia la seconda parte del ciclo mestruale (fase luteale), che prosegue fino alla comparsa delle mestruazioni. In questa fase, mentre l’ovocita o l’embrione percorrono una delle due tube di Falloppio per raggiungere l’utero, ma anche in assenza di questo fenomeno, il follicolo ovarico si trasforma in corpo luteo (formazione cistica) che, oltre a continuare la produzione di estrogeni, è responsabile dell’aumento del progesterone.
Gli ormoni estrogeni e progesterone contribuiscono alle modifiche dell’endometrio per renderlo adatto a un eventuale impianto di gravidanza e sopprimono la sintesi di gonadotropine da parte dell’ipofisi.
Se l’ovocita non viene fecondato, dopo circa 10 giorni il corpo luteo inizia a regredire. Di conseguenza, i livelli di estrogeni e di progesterone diminuiscono drasticamente, portando al progressivo sfaldamento dell’endometrio, con comparsa della mestruazione. In una donna con cicli regolari, ogni mestruazione avviene 28 giorni dopo la precedente. Con l’arrivo del flusso mestruale, ricomincia la produzione di GnRH da parte dell’ipotalamo e un altro ciclo inizia un nuovo ciclo.
Il sistema riproduttivo maschile
Nel sesso maschile, la produzione degli spermatozoi inizia con la pubertà e continua per tutta la vita. A controllarla sono gli ormoni GnRH, LH e FSH, gli stessi che regolano il ciclo mestruale femminile.
La maturazione delle cellule spermatiche è resa possibile dal testosterone, l’ormone prodotto dagli organi sessuali maschili, responsabile del passaggio verso la pubertà e l’età fertile matura. I suoi livelli sono controllati dal cervello: quando sono sufficienti, la produzione di GnRH e, di conseguenza, di LH e FSH diminuisce, ma se i testicoli producono poco testosterone, al cervello viene richiesto di aumentare la produzione di GnRH e, quindi, di gonadotropine. La sintesi del testosterone inizia durante la pubertà e raggiunge un picco tra i 30 e i 35 anni, dopo i quali inizia a diminuire.
Gli spermatozoi sono prodotti da sottili strutture tubulari presenti nei testicoli attraverso divisioni e differenziazioni cellulari che richiedono 2-3 mesi per essere portate a termine. Dato che questo processo inizia in momenti diversi all’interno di migliaia di tubuli, ogni uomo ha sempre a disposizione una riserva di spermatozoi maturi. Gli spermatozoi sono convogliati nei testicoli attraverso una rete di tubuli che giunge all’epididimo, che collega il testicolo col dotto deferente. Gli spermatozoi restano nell’epididimo per almeno una settimana, durante la quale continuano a maturare e acquistano maggior capacità di movimento.
Al momento dell’eiaculazione gli spermatozoi si uniscono al prodotto di ghiandole accessorie (prostata, vescicole seminali) e formano lo sperma, che viene espulso attraverso l’uretra, canale che percorre il pene. Un uomo “normospermico” eiacula tra 1,5 e 6 millilitri di sperma, contenente da 20 a 200 milioni di spermatozoi per ogni millilitro.
Infertilità femminile
La specie umana non è molto fertile. Si calcola che, per la donna che ha un rapporto nel periodo fertile, le possibilità di fecondazione non superino il 25%, probabilità che decresce con l’età dei partner.
Si definisce “infertile” o “subfertile” la coppia che non ottiene un concepimento dopo 12 mesi di rapporti liberi e non protetti. Secondo le linee guida dell’American Society for Reproductive Medicine, è ragionevole iniziare gli accertamenti per determinare la presenza di uno o più ostacoli al concepimento solo trascorsi almeno 12 mesi di rapporti liberi e non protetti. Questo limite si abbassa a 6 mesi per le donne oltre i 35 anni e in presenza di fattori di rischio (pregressi interventi sugli organi pelvici, pregresse gravi infezioni utero ovariche, endometriosi etc.).
Esistono varie cause di infertilità o subfertilità, classificabili in poche grandi categorie, spesso coesistenti tra loro. Una quota molto piccola di coppie viene definita sterile o affetta da sterilità assoluta (meno del 10%) in presenza di condizioni che rendono impossibile ottenere una gravidanza.
Possono essere cause di infertilità, subfertilità o sterilità assoluta:
- Cause tubariche/pelviche: ostruzione o chiusura delle tube di Falloppio, aderenze pelviche.
- Endometriosi: la presenza o la recidiva di endometriosi, talora asintomatica, riduce in modo severo le probabilità di concepimento.
- Cause ovulatorie/ormonali: mancanza o irregolarità dell’ovulazione, cicli irregolari, iperprolattinemia, sindrome dell’ovaio micropolicistico, ridotta o assente riserva ovarica.
- Cause cervicali: il muco presente nella cervice uterina è ostile al passaggio degli spermatozoi per una carenza di estrogeni, per la presenza di fattori infettivi o per pregressi interventi chirurgici che hanno danneggiato le ghiandole cervicali o molto raramente perché la donna produce degli anticorpi diretti contro gli spermatozoi stessi.
- Cause uterine: presenza di malformazioni congenite dell’utero, miomi o aderenze all’interno della cavità uterina oppure presenza di fattori infiammatori a carico dell’endometrio (la mucosa di rivestimento della cavità uterina)
- Cause sconosciute: gli accertamenti non sono stati in grado di evidenziare una o più cause specifiche. Si parla in questi casi di infertilità idiopatica, questa diagnosi dovrebbe essere correttamente definita come “insufficientemente indagata”, ma vi si arriva per il lungo periodo di ricerca o l’età dei partner, che non consentono un completamento delle indagini.
Infertilità maschile
L’infertilità maschile corrisponde a una ridotta capacità riproduttiva dell’uomo, per un’insufficiente produzione di spermatozoi o per anomalie nella qualità degli spermatozoi prodotti. L’infertilità maschile interessa il 7% degli uomini e sempre di più i giovani. Rispetto al passato, oggi si ritiene che in 1 caso su 2 la difficoltà a ottenere una gravidanza dipenda da problemi riproduttivi maschili.
Si parla di infertilità primaria quando l’uomo non ha mai indotto una gravidanza e di infertilità secondaria quando l’uomo ha indotto una gravidanza in precedenza.
L’infertilità maschile può avere diverse cause e la ricerca scientifica sta ancora indagando su alcune di esse, come quelle genetiche.
- Cause genetiche: una ridotta produzione degli spermatozoi è generalmente riconducibile a uno sviluppo imperfetto dei testicoli.
- Criptorchidismo: mancata discesa dei testicoli nella loro sede entro il primo anno di vita. Infezioni uro-seminali: gli stati infiammatori e infettivi delle vie seminali possono danneggiare gli spermatozoi, i canali seminali, la prostata e le vescicole seminali per la presenza di germi e di globuli bianchi.
- Febbre: un episodio febbrile sopra i 39°C può interferire con la capacità riproduttiva per 60-180 giorni.
- Fonti di calore: pantaloni troppo stretti o di tessuto sintetico termoisolante possono aumentare la temperatura nell’area dei genitali e influenzare la fertilità.
- Epididimite: infiammazione acuta o cronica dell’epididimo, un tubicino posto dietro al testicolo, importante per la maturazione e il transito degli spermatozoi.
- Varicocele: dilatazione delle vene testicolari, che nella maggior parte dei casi coinvolge il testicolo sinistro. Può ridurre la produzione degli spermatozoi e danneggiare il loro DNA Anticorpi antispermatozoi: la loro presenza riduce la capacità fecondante degli spermatozoi e può ostacolarne il transito nelle vie genitali femminili.
- Disfunzione erettile: le disfunzioni associate all’erezione sono legate al 5% dei casi di infertilità.
- Malattie sessualmente trasmesse: papillomavirus, sifilide, gonorrea, clamidia possono provocare infertilità.
- Farmaci: oltre agli antitumorali, molti farmaci di uso comune come gli antipertensivi, gli antibiotici, gli antimicotici e la finasteride (usata nei giovani contro la caduta dei capelli) possono ridurre la fertilità.
- Chirurgia: i trattamenti chirurgici dell’apparato genito-urinario, delle ernie inguinali oppure quelli demolitivi in seguito a neoplasie possono modificare, anche in maniera irreversibile, la capacità riproduttiva maschile.
- Traumi e torsioni testicolari possono incidere sulla funzionalità dei testicoli.
- Stili di vita: il fumo di tabacco o cannabis danneggia l’integrità del Dna degli spermatozoi e ne riduce numero e motilità. Altri fattori di rischio sono sedentarietà, sovrappeso, obesità, cattiva alimentazione, assunzione di alcolici e droghe.
- Rischi ambientali: pesticidi, solventi, materie plastiche, vernici e radiazioni elettromagnetiche possono ridurre la fertilità.
Nel 30% circa dei casi di infertilità maschile non è possibile individuare la causa dell’infertilità e quindi non è possibile adottare una terapia specifica. Le terapie mediche sono particolarmente efficaci nelle infezioni sintomatiche o asintomatiche dell’apparato riproduttivo (15% delle coppie con difficoltà riproduttiva) e si basano sull’assunzione di antibiotici e antinfiammatori.
La fecondazione
Dopo circa mezz’ora dall’eiaculazione, lo sperma in vagina diventa più fluido. La maggior parte degli spermatozoi non riesce a risalire il canale cervicale, che collega la vagina alla cavità uterina e solo alcune migliaia di spermatozoi giunti nella cavità uterina sono in grado di proseguire il percorso attraverso le tube di Falloppio; di questi circa 200 arrivano a poter incontrare l’ovocita pronto per essere fecondato.
Dopo l’ovulazione e durante la sua permanenza nella tuba l’ovocita ha circa 24 ore di tempo per essere fecondato, mentre lo spermatozoo può mantenere le sue capacità di fecondazione fino a 3-4 giorni dopo l’eiaculazione: pertanto una donna ha al massimo 3-4 giorni ogni mese per rimanere incinta. In questo lasso di tempo lo spermatozoo deve raggiungere la parte terminale della tuba ed entrare nell’ovocita (fecondazione), promuovendone la definitiva maturazione.
Lo zigote, ovvero la cellula risultante da questa fusione, inizia il suo transito verso l’utero che durerà 5-6 giorni. Durante questo percorso all’interno della tuba, la cellula uovo fecondata compie una serie di divisioni cellulari fino a diventare una blastocisti. Quest’ultima si impianta nella mucosa uterina e inizia a secernere la gonadotropina corionica umana (hCG), un ormone la cui presenza nelle urine o nel sangue della donna consente di scoprire lo stato di gravidanza.
Durante il primo trimestre di gravidanza, l’hCG stimola il corpo luteo a continuare a produrre estrogeni e progesterone, per consentire il corretto sviluppo dell’embrione. Il corpo luteo smette di funzionare dopo il terzo mese di gravidanza, quando inizia l’attività della placenta, l’organo che consente gli scambi di sostanze nutrienti tra la madre e il feto e che sostituisce l’attività dell’ovaio per tutto il resto della gravidanza.