Il fegato è una struttura complessa costituita da epatociti (cellule), arterie, vene e dotti, tutti insieme organizzati in modo da permettergli di fungere da:
- centro per l’attività di elaborazione e produzione delle sostanze utili all’organismo (tra cui fluidi utili alla digestione – la bile)
- magazzino delle “scorte” per il corpo
- centro per la rimozione delle sostanze tossiche
- barriera contro aggressori che, provenienti dall’intestino, possono essere veicolati attraverso il sangue
Inoltre, nei primi sei mesi di vita, il fegato è in grado di produrre le cellule del sangue, funzione che in alcune circostanze può riprendere anche nel corso della vita. A tutta questa centralità corrisponde purtroppo anche il rischio di sviluppare un tumore: eventuali cellule tumorali lo attraversano e nel farlo qualcuna, in particolare quelle provenienti da tumori dell’intestino, vi si ferma dando luogo a tumori denominati metastasi.
A causa dell’intensa attività (specialmente quella di depurazione del sangue), il fegato viene raggiunto da agenti tossici e virus che possono provocare alterazioni croniche, a lungo termine in grado di sfociare in tumori come l’epatocarcinoma e il colangiocarcinoma (tumore delle vie biliari).
Cos’è l’epatocarcinoma o tumore del fegato?
L’epatocarcinoma è il tumore primitivo più frequente del fegato. È un tumore aggressivo causato dallo sviluppo incontrollato delle cellule dei tessuti del fegato, spesso già affetto da cirrosi.
Secondo i dati AIOM, nel 2020 nel nostro Paese, si stima che siano 3.000 i nuovi casi di tumore del fegato tra le donne, rispetto a 2.400 nuovi casi negli uomini. L’incidenza (numero di nuovi casi per anno) di questa neoplasia aumenta con l’avanzare dell’età, tanto da raggiungere i valori massimi dopo i 65 anni, ed è maggiore nel sud Italia rispetto al nord o al centro.
Quali sono i fattori di rischio per il tumore del fegato?
I fattori di rischio noti per oltre il 70% dei casi di tumori primitivi del fegato sono:
- infezione da virus dell’epatite C (HCV) e da virus dell’epatite B (HBV)
- abuso di bevande alcoliche
- sindrome metabolica (obesità, diabete, ipertensione arteriosa)
- steatoepatite non alcolica correlata a sindrome metabolica
- fumo di sigaretta.
La raccomandazione ai pazienti che hanno sviluppato una forma di epatite è di sottoporsi a controlli clinici frequenti, sia per monitorare e trattare l’infezione, sia per diagnosticare precocemente l’eventuale sviluppo di epatocarcinoma.
Quali sono i sintomi del tumore al fegato?
Il tumore del fegato è spesso silente nei primi stadi della malattia. Tuttavia, nelle fasi avanzate del tumore, si possono riconoscere sintomi quali:
- affaticamento
- perdita di peso
- mancanza di appetito
- ittero (colorazione gialle di sclere e cute dovuta ad alti livelli di bilirubinemia)
- dolore addominale
- ritenzione dei liquidi.
Come si diagnostica il tumore al fegato?
A causa dei sintomi spesso tardivi, ovvero quando la malattia è in fase avanzata, anche la diagnosi può essere tardiva. Per la diagnosi del tumore del fegato possono essere richiesti, oltre alla visita medica per la raccolta di dati e informazioni sulla storia clinica del paziente (anamnesi) e la visita per individuare anomalie, anche ulteriori accertamenti diagnostici, quali:
- Ecografia addome completo: è un esame ecografico sicuro, efficace e non doloroso e veloce, che permette di ottenere immagini del fegato e degli organi circostanti che possono aiutare nella diagnosi.
- TAC torace e addome completo: è un esame che utilizza i raggi X e mezzo di contrasto per studiare dettagliatamente tutti gli organi dell’addome, compreso il fegato e il torace per valutare l’estensione dell’epatocarcinoma.
- Risonanza Magnetica addome superiore: è un esame che utilizza campi magnetici e onde elettromagnetiche a radiofrequenza e mezzo di contrasto, per ottenere immagini accurate del fegato e degli altri organi.
- Biopsia epatica: è un esame importante che, in pazienti selezionati, prevede il prelievo di un campione di cellule, da far analizzare in laboratorio di anatomia patologica, da una puntura ecoguidata del fegato.
Quali sono i trattamenti per il tumore al fegato?
Il tipo di trattamento dipende da diversi fattori tra cui la dimensione e diffusione del tumore, lo stadio della malattia, la funzionalità epatica, le condizioni di salute generale del paziente. Quando la malattia è limitata al fegato e rientra in determinati parametri, l’indicazione è per la chirurgia epatica o per trattamenti locoregionali; negli altri casi, è indicata la terapia medica sistemica che, a differenza di molti altri tumori, non prevede la chemioterapia.
La terapia chirurgica, nonostante gli sviluppi delle terapie mediche, interventistiche e radioterapiche che in Humanitas trovano risposte di alto profilo umano e tecnologico, resta per questi pazienti la soluzione migliore laddove fattibile. I trattamenti chirurgici e le procedure non chirurgiche indicati nel caso di tumore del fegato limitato all’organo sono:
Chirurgia
- Chirurgia di resezione epatica: se il tumore non è molto esteso, è un tipo di chirurgia che, praticata con diverse tecniche, ha buoni margini di cura e permette di preservare le funzioni del fegato. Infatti, il fegato, pur avendo una grande capacità di rigenerarsi, smette di funzionare se la rimozione di una sua parte è stata eccessiva oppure se è stata fatta non permettendo alla porzione residua di funzionare correttamente.
- Trapianto di fegato: si tratta di un’operazione complessa, dagli esiti incerti e con una scarsa disponibilità di donatori. Per questo di solito il trapianto viene effettuato solamente sui pazienti la cui storia clinica assicura un’alta possibilità di esito benigno.
Terapia oncologica
- Terapia medica sistemica ha lo scopo di controllare l’evoluzione della malattia grazie alla somministrazione di farmaci per via endovenosa, immunoterapia e farmaci antiangiogenici (anticorpi monoclonali) o per via orale (inibitori multichinasici).
- Radioterapia stereotassica: la radioterapia è considerata un’opzione terapeutica per i pazienti con malattia non resecabile o per pazienti con malattia resecabile ma non operabili a causa di patologie concomitanti. Vi è una crescente evidenza sull’utilità della radioterapia stereotassica (SBRT – stereotactic ablative radiation therapy) nel trattamento dei pazienti con epatocarcinoma. Si tratta di una procedura di radioterapia ambulatoriale innovativa e non invasiva che, con estrema precisione e accuratezza, permette di dirigere un’elevata dose di radiazioni sulla massa tumorale provocando la morte cellulare (necrosi). Il trattamento non è doloroso, il paziente non è in nessun momento radioattivo e può proseguire la sua normale vita familiare. Generalmente un ciclo è composto da 1 a 6 sedute quotidiane. La SBRT può essere considerata dunque un trattamento efficace e sicuro in caso di controindicazioni alle tecniche di ablazione ed embolizzazione o, in casi selezionati, in caso di risposta non completa dopo procedura di chemioembolizzazione epatica. Inoltre, in casi selezionati di pazienti candidati a trapianto di fegato, la radioterapia stereotassica può essere utilizzata come trattamento ponte in attesa della disponibilità dell’organo, e viene erogata in poche sedute (generalmente 5 sedute). Nel caso di lesioni epatiche secondarie da altri tumori primitivi solidi (ad esempio tumore del colon-retto, polmone, mammella, melanoma), la radioterapia stereotassica (SBRT) può essere utilizzata dopo discussione multidisciplinare in casi selezionati non suscettibili di trattamento con altre metodiche più invasive.
Referente per la terapia di oncologia medica è la professoressa Lorenza Rimassa.
Gruppo multidisciplinare
Da anni e con elevati livelli di eccellenza, il gruppo multidisciplinare di Humanitas dedicato alle neoplasie epatobiliari si riunisce settimanalmente per discutere dei casi, affrontare i problemi dei pazienti con tumore del fegato o tumore delle vie biliari e applicare un approccio multidisciplinare a patologie complesse che richiedono la collaborazione di diversi specialisti, come epatologi, chirurghi, oncologi, radiologi, radiologi interventisti, radioterapisti, medici nucleari, anatomopatologi, infermieri, affiancati da un case manager che supporta il paziente in tutte le fasi del percorso dalla diagnosi alla terapia. Inoltre, grazie alla multidisciplinarietà, il caso di ogni singolo paziente può essere gestito in maniera organica e completa, con la possibilità di inserimento anche in protocolli di Ricerca clinica.
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