La malattia di Parkinson è il più frequente dei disordini del movimento. In Italia colpisce circa 300mila persone – i maschi sono colpiti 1,5 volte più delle femmine – i cui neuroni, a causa di un calo di livelli di dopamina in una particolare area del cervello, vanno incontro a una lenta, ma progressiva neurodegenerazione. Si tratta poi della malattia neurodegenerativa più diffusa dopo l’Alzheimer.
Anche se in genere colpisce gli over 65, i casi precoci – intorno ai 40 anni – sono in aumento.
Ne parliamo con il professor Alberto Albanese, Responsabile dell’Unità di Neurologia I in Humanitas e Presidente dell’International Association of Parkinsonism and Related Disorders.
Che cos’è la malattia di Parkinson
La malattia di Parkinson è una condizione neurologica comune la cui incidenza aumenta con l’età ed è il più frequente dei “disordini del movimento“.
Il Parkinson si manifesta quando la produzione di dopamina nel cervello cala in maniera considerevole a causa della degenerazione di neuroni in un’area chiamata “sostanza nera“. Dal midollo al cervello iniziano poi a comparire accumuli di alfa-sinucleina, una proteina ritenuta potenzialmente responsabile della diffusione della malattia in tutto il cervello. Una delle sue caratteristiche è il lento e graduale esordio dei sintomi, che permette loro di non essere intercettati da paziente e familiari per lungo tempo. I sintomi si manifestano quando la sostanza nera ha perso circa il 60% dei neuroni dopaminergici e la dopamina residua è l’80% del normale.
Malattia di Parkinson: quali sono i sintomi?
Tra i sintomi associati alla malattia di Parkinson indichiamo:
- tremore a riposo;
- rigidità;
- bradicinesia (lentezza dei movimenti automatici);
- instabilità posturale (perdita di equilibrio, che può poi manifestarsi in andatura impacciata e postura curva);
- depressione;
- lentezza nel parlare.
Quali sono le cause della malattia di Parkinson?
Le cause della malattia di Parkinson non sono del tutto note. Ciò che è certo, però, è che si tratta di una patologia di origine multifattoriale, nella quale componenti ambientali e genetiche interagiscono.
Possibili cause, quindi, sono da riscontrare nella mutazione di specifici geni (circa nel 20% dei casi, infatti, il Parkinson insorge in pazienti con una storia familiare positiva per la malattia), lesioni cerebrali, infezioni, l’esposizione a sostanze tossiche come idrocarburi solventi e pesticidi, e metalli pesanti (ferro, zinco, rame).
Si può prevenire il Parkinson?
A oggi, purtroppo non esistono sostanze o farmaci in grado di prevenire la malattia di Parkinson. Tuttavia, la conduzione di una vita attiva e l’assunzione di uno stile alimentare benefico per il sistema nervoso possono contribuire a prevenire lo sviluppo delle malattie neurodegenerative, incluso il Parkinson.
“La dieta dovrebbe includere verdure, soprattutto a foglia verde, frutta, cereali integrali, legumi, frutta secca in particolare noci che hanno il rapporto migliore tra omega3 e omega 6, pesce, carne bianca, uova e olio extravergine di oliva: tutti alimenti con possibile effetto neuroprotettivo. Molti di questi alimenti, in particolare verdure, frutta e cereali integrali, contengono polifenoli, potenti attivatori dei geni umani, coinvolti nella sintesi di enzimi antiossidanti, nella modulazione dei percorsi antinfiammatori e nell’accensione dei geni anti-invecchiamento, oltre a essere fattori chiave nel mantenimento di un sano microbiota intestinale, poiché è ormai nota la stretta relazione intestino-cervello”, spiega il professor Albanese.
Malattia di Parkinson: quali esami fare per la diagnosi
La diagnosi clinica avviene tramite valutazione di diversi aspetti e tramite esami specifici. Importanti sono quindi:
- la storia clinica e familiare del paziente;
- la valutazione di sintomi e segni neurologici,
Per quanto riguarda gli esami strumentali, lo specialista potrebbe richiedere:
- Risonanza magnetica nucleare ad alto campo;
- SPECT DATscan;
- PET cerebrale;
- scintigrafia del miocardio
- Test neurofisiologici del sistema nervoso autonomo.
Come si cura la malattia di Parkinson?
Prosegue il professor Albanese: «A oggi non esiste una cura per la malattia di Parkinson, ma il trattamento farmacologico, la chirurgia e la gestione multidisciplinare sono in grado di fornire sollievo ai sintomi. Tra i principali farmaci indichiamo la levodopa (di solito in combinazione con un inibitore della dopa-decarbossilasi e un inibitore delle COMT), gli agonisti della dopamina e gli inibitori MAO-B (Inibitore della monoamino ossidasi)».
Parkinson: l’impegno di Fondazione Humanitas per la Ricerca
Fondazione Humanitas per la Ricerca si sta muovendo nello studio del Parkinson nell’ambito del Progetto Argento Vivo, che ha avviato studi volti a identificare geni mutati responsabili dello sviluppo della malattia di Parkinson.
L’impegno è quello di sottotipizzarne le tipologie, su cui sviluppare terapie e azioni di prevenzione mirate: “Oggi oltre ad approcciare la malattia di Parkinson nel suo complesso, si riesce ad identificare i diversi sottotipi sui quali costruire azioni di prevenzione e terapie mirate. Per raggiungere questo obiettivo stiamo studiando i possibili geni coinvolti, riuscendo a identificare ‘geni forti’, cioè deterministici, che con molta probabilità potranno portare allo sviluppo di malattia in chi ne è portatore, e geni più ‘deboli’, probabilistici, che espongono la persona portatrice del gene mutato a un maggior rischio, non alla certezza, di comparsa della malattia.
In questo secondo caso, giocano un ruolo importante l’eventuale presenza di fattori ambientali predisponenti, come l’esposizione a tossine esogene (pesticidi, metalli, prodotti chimici industriali) e lo stile di vita (dieta e fumo), in grado di sommarsi ai fattori genetici”, spiega il prof. Albanese.
La Ricerca ha dunque un approccio globale alla malattia secondo la concezione di medicina di precisione, sulla malattia e i suoi geni, e personalizzata sulle caratteristiche della malattia di ciascun individuo.
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