L’artrosi è una patologia delle articolazioni molto diffusa in Italia, si stima infatti che almeno il 30% della popolazione soffra di dolori legati a questo disturbo mentre un numero ancora maggiore di adulti con più di 50 anni ne porterebbero i segni radiografici.
“L’artrosi è provocata da un danno degenerativo dell’articolazione, su cui si affacciano due capi ossei, entrambi rivestiti di cartilagine. Quando la cartilagine si consuma e in alcuni punti scompare, i due capi ossei si avvicinano provocando al paziente dolore”, spiega il professor Carlo Selmi, Responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica in Humanitas e docente di Humanitas University, in un’intervista a Elisir su Rai3.
I sintomi dell’artrosi
“Il sintomo cardine dell’artrosi è il dolore, un dolore dalle caratteristiche meccaniche e degenerative che si manifesta quando si utilizza l’articolazione o al carico, per esempio camminando, svolgendo lavori usuranti o effettuando sport che hanno un alto impatto sulle articolazioni.
Si tratta di un dolore spesso asimmetrico, un aspetto che permette di differenziarlo da un dolore di tipo infiammatorio, che invece si manifesta più comunemente in modo simmetrico, soprattutto per quanto riguarda le piccole articolazioni di mani e piedi nell’artrite reumatoide.
È importante capire la causa del dolore, anche perché, nelle forme infiammatorie – quindi nell’artrite e non nell’artrosi – un trattamento precoce può fare la differenza nel medio e nel lungo termine.
Inquadrare un dolore di tipo artrosico permette invece di mettere in atto delle terapie e delle strategie volte a migliorare la qualità della vita della persona”, continua lo specialista.
Una radiografia per diagnosticare l’artrosi
“Generalmente la diagnosi prevede una visita reumatologica dallo specialista e una semplice radiografia. La radiografia, infatti, evidenzia la riduzione dello spazio fisiologico presente tra i due capi ossei con la linea d’aria che normalmente resta visibile anche quando l’articolazione è in carico che, in caso di artrosi va ad assottigliarsi. La radiografia potrebbe anche evidenziare la formazione di piccoli speroni ossei, prodotti dall’articolazione nel tentativo di stabilizzarsi.
Si possono poi effettuare degli esami di laboratorio sia per escludere altre forme, per esempio infiammatorie, sia per accertarsi che non vi sia una malattia metabolica, come il diabete, che può peggiorare il quadro di artrosi.
Le articolazioni più colpite dall’artrosi sono quelle della colonna cervicale e lombare. Ma può presentarsi anche a livello delle ginocchia, delle anche e delle dita delle mani (in particolare del pollice). Sono invece colpiti con minor frequenza i gomiti, le spalle e le caviglie”, approfondisce il professor Selmi.
Il peso corporeo: un fattore di rischio su cui intervenire
“Il peso corporeo è l’unico fattore di rischio su cui si può intervenire attivamente per prevenire l’artrosi o il suo peggioramento insieme a un eventuale abuso delle articolazioni, spesso su base lavorativa (è il caso per esempio dei martelli pneumatici). È cruciale mantenere un peso adeguato e in particolare prestare attenzione all’indice di massa corporea. Questo perché chi è obeso o sovrappeso ha un rischio di artrosi nettamente superiore rispetto a chi mantiene un peso corretto.
La maggior parte degli altri fattori di rischio, invece, non sono modificabili. L’artrosi, infatti, si associa all’invecchiamento, alla storia familiare e all’appartenenza al genere femminile”, specifica il professor Selmi.
Dalle infiltrazioni alle terapie rigenerative: le cure per l’artrosi
“Dal punto di vista terapeutico, le terapie topiche hanno efficacia limitata e vengono utilizzate per ridurre il dolore con beneficio molto variabile. Nei casi più severi la soluzione può dunque essere solamente ortopedica o chirurgica.
I farmaci più utilizzati sono gli antinfiammatori per controllare il dolore. L’obiettivo della terapia dell’artrosi è infatti permettere ai pazienti di avere una vita normale, riducendone la disabilità. Si può anche fare ricorso a terapie come le infiltrazioni di acido ialuronico, allo scopo di lubrificare l’articolazione. Per quanto riguarda invece gli innovativi farmaci biologici, vengono utilizzati per controllare il dolore fermandone i mediatori, ma purtroppo non sono ancora di uso quotidiano”, continua il professore.
“Sono in fase di grande sviluppo le terapie rigenerative, che mirano a ricreare la cartilagine dell’articolazione. Per questo tipo di terapie è importante rivolgersi a centri qualificati, in cui l’approccio terapeutico viene modellato sulle esigenze del singolo paziente a secondo di fattori individuali e della severità della malattia.
Infine un altro orizzonte per la cura dell’artrosi del ginocchio è rappresentato dalle cellule staminali ottenute dal tessuto adiposo e poi espanse in laboratorio e purificate per poter essere introdotte a livello dell’articolazione.
Per quanto riguarda la chirurgia protesica, la scelta di sottoporre il paziente a un intervento varia da persona a persona in base allo stadio della malattia e alle necessità individuali. Per questo uno degli obiettivi della gestione clinica è trovare la terapia giusta che possa fare da “ponte” dal momento della diagnosi a quello dell’intervento chirurgico”, prosegue lo specialista.
Modificare lo stile di vita per rallentare l’artrosi
“In ogni caso è molto importante che i pazienti interessati da artrosi modifichino il loro stile di vita. Controllando il peso e l’alimentazione, praticando dell’attività fisica graduale e dolce a basso impatto, come yoga, pilates e tai chi e consultando un fisioterapista in merito agli esercizi più utili per mantenere tono muscolare e postura corretta in modo da ridurre i dolori di origine meccanica.
Rafforzare la muscolatura di un’articolazione affetta da artrosi, infatti, contribuisce ad aumentarne la stabilità ed è parte integrante della gestione a medio e lungo termine dell’articolazione”, conclude il professor Selmi.
L’articolo è tratto da un’intervista del professor Carlo Selmi a Elisir (Rai 3) del 23/09/2021. Per rivedere l’intervista, clicca qui.
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