Come abbiamo imparato nel corso dell’ultimo anno, tra i sintomi associati a COVID-19 figurano i disturbi dell’olfatto e del gusto (anosmia e ageusia).
Gli studi effettuati hanno ipotizzato che queste alterazioni non siano dovute a ostruzioni nasali, bensì a un malfunzionamento delle cellule nervose dei bulbi olfattori, colpite dal virus SARS-CoV-2.
La comparsa di anosmia e ageusia in pazienti interessati da COVID-19 precede abitualmente altre manifestazioni, risultando un fattore diagnostico importante per gli specialisti che si occupano della patologia.
Tuttavia, il decorso di questi disturbi è variabile e Humanitas, grazie a una serie di studi che hanno destato particolare interesse nella comunità scientifica, si sta occupando di circoscrivere e analizzare la sintomatologia.
Disturbi di gusto e olfatto: il primo studio su Jama Otolaryngology
Prevalence of Taste and Smell Dysfunction in Coronavirus Disease 2019 è lo studio pubblicato su Jama Otolaryngology a giugno 2020 che ha destato grande risonanza mediatica presso la comunità scientifica. Lo studio, guidato dal professor Giuseppe Mercante, specialista in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-facciale, Responsabile del percorso della chirurgia della tiroide e delle ghiandole paratiroidi e docente di Humanitas University, e dal dottor Fabio Ferreli, specialista in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-facciale e ricercatore di Humanitas University, condotto nel marzo del 2020 si è concentrato sui pazienti COVID-19 che presentavano disturbi dell’olfatto e del gusto, in un momento in cui non erano ancora state rilevate evidenze scientifiche sulla correlazione tra questi disturbi e COVID-19.
Lo studio ha evidenziato disturbi dell’olfatto nel 42% dei 200 pazienti intervistati e una diminuzione del gusto nel 55% dei pazienti, la maggior parte dei quali non presentava ostruzione respiratoria nasale. Una sintomatologia che suggerisce che l’anosmia e l’ageusia provocate da COVID-19 non dipendano dai sintomi da raffreddore, quanto da un’alterazione delle cellule nervose dei bulbi olfattori.
Alla luce dell’interesse suscitato da questo studio l’equipe, diretta dal professor Giuseppe Spriano, Responsabile dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria di Humanitas e Direttore della Scuola di Specializzazione in Otorinolaringoiatria di Humanitas University, ha condotto altri due studi sul tema: Clinical presentation at the onset of COVID-19 and allergic rhinoconjunctivitis, pubblicato sul Journal of Allergy and Clinical Immunology: In Practice a novembre-dicembre 2020 e Trigeminal features in COVID-19 patients with smell impairment, pubblicato su Allergy & Rhinology a marzo 2021.
Disturbi oculari: un nuovo tassello nella lotta contro COVID-19
La collaborazione con il professor Enrico Heffler, Allergologo e Immunologo Clinico di Humanitas e Direttore della Scuola di Specializzazione in Allergologia e Immunologia Clinica di Humanitas University, ha portato alla pubblicazione di un articolo sul Journal of Allergy and Clinical Immunology, aggiungendo un altro importante tassello nel percorso diagnostico di COVID-19. Parliamo infatti di disturbi come le rinocongiuntiviti allergiche che, infatti, presentano alcuni sintomi analoghi a quelli provocati dal virus SARS-CoV-2, un aspetto fondamentale da tenere in considerazione per le diagnosi differenziali. In particolare, per quanto riguarda la popolazione italiana, sono circa il 25% i pazienti che soffrono di rinocongiuntivite allergica, un dato che ha complicato il processo di diagnosi di COVID-19 nei mesi primaverili.
Lo studio ha coinvolto 204 pazienti precedentemente ricoverati e trattati per COVID-19 presso l’istituto Humanitas di Rozzano, tra i 23 e i 72 anni, e dunque intervistati retroattivamente per via telefonica.
I pazienti intervistati hanno fornito dati sulla propria storia clinica e sulle eventuali manifestazioni sinonasali e oculari a partire dalle due settimane precedenti la diagnosi tramite un questionario: il Mini Rhinoconjunctivitis Quality of Life Questionnaire (MiniRQLQ), improntato su una serie di 14 sintomi per cui è stata richiesta una valutazione da 0 a 6 per indicare l’entità del disturbo.
Ai pazienti è stato anche richiesto di indicare somiglianze e divergenze tra i sintomi sperimentati con il COVID-19 e quelli riscontrati nell’ultimo episodio allergico precedente alla diffusione del COVID-19 in Italia.
Lo studio ha evidenziato come i sintomi allergici e i sintomi provocati dal COVID-19 siano differenti tra loro, fornendo agli specialisti un ulteriore strumento di riflessione a cui fare riferimento in sede di diagnosi.
Disturbi dell’olfatto e alterazioni al nervo trigemino: quali correlazioni
L’ultimo studio tra quelli menzionati, pubblicato su Allergy & Rhinology, approfondisce le cause dell’anosmia, andando a valutare possibili alterazioni del nervo trigemino e il suo ruolo come fattore prognostico nelle disfunzioni dell’olfatto provocate da COVID-19. Lo studio ha incluso quei pazienti che lamentavano riduzione o assenza di olfatto, tra quelli ricoverati all’Istituto Humanitas di Rozzano tra il 5 e il 23 marzo 2020, escludendo chi aveva una storia pregressa di rinosinusite.
I sintomi trigeminali sono stati valutati sia al momento della diagnosi sia con un follow up a 6 mesi, tramite una serie di domande poste tramite questionario ai pazienti su determinati sintomi, da valutare da 0 a 6 a seconda del livello di severità del disturbo.
A coloro che, a 6 mesi dalla diagnosi, presentavano ancora anosmia è stato effettuato lo Sniffin’ Sticks Identification Test, per confermare il disturbo e valutarne la severità.
I risultati dello studio hanno confermato il legame tra alterazioni del trigemino, anosmia e COVID-19. In particolare, le problematiche più severe al trigemino riportate dai pazienti già in fase di diagnosi sono risultate correlate a una minor capacità del paziente di recuperare l’olfatto a 6 mesi dalla diagnosi.
Un punto di partenza importante per approfondire la persistenza dell’anosmia accordando particolare importanza al ruolo del trigemino nei disturbi dell’olfatto.
Follow-up e training olfattorio: importanti passi nella lotta a COVID-19
In Humanitas il lavoro del professor Mercante e del dottor Ferreli prosegue e l’impegno degli specialisti dell’Unità Operativa di Otorinolaringoiatria è volto alle indagini di follow-up sui pazienti affetti da anosmia e ageusia.
Grazie alla collaborazione dell’équipe del professor Letterio Politi, Responsabile dell’Unità di Neuroradiologia Diagnostica, Interventistica e Funzionale in Humanitas e docente di Humanitas University, e del professor Alberto Albanese, Responsabile dell’Unità Operativa di Neurologia I di Humanitas e docente di Humanitas University, alcuni pazienti selezionati sono stati sottoposti a risonanza magnetica (RM) dell’encefalo, eseguita con sequenze specifiche appositamente per valutare i bulbi olfattivi e il nervo olfattivo.
Anosmia a lungo termine post-COVID-19: la ricerca continua per trovare possibili trattamenti
Incoraggiante sapere che circa l’85% di pazienti ha riportato recupero spontaneo dell’olfatto e del gusto anche a distanza di un anno dalla perdita. Per coloro che non lo avessero ancora recuperato in maniera soddisfacente, in Humanitas è stato istituito un percorso specifico. È possibile effettuare una valutazione specialistica con visita otorinolaringoiatrica, endoscopia delle fosse nasali e olfattometria, per escludere altre cause alla base della perdita del senso dell’olfatto e quantificare l’entità del danno. Qualora indicato, viene prescritto un trattamento con farmaci e/o integratori, nonché un training olfattorio a giudizio dello specialista, fermo restando che a oggi non sono presenti evidenze scientifiche che garantiscano un reale vantaggio rispetto al non trattamento.
Humanitas parteciperà inoltre a un trial clinico multicentrico, promosso dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Perugia, che valuterà l’efficacia del training olfattorio sui pazienti affetti da anosmia persistente, abbinato a un trattamento sperimentale con palmitoiletanolamide e luteolina. Humanitas sarà in questo trial il Centro di Riferimento per la Lombardia.
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