Riconosciamo due diverse tipologie di cefalee: primarie e secondarie. Le più comuni sono le cefalee primarie, ossia emicrania, cefalea muscolo-tensiva e cefalea a grappolo, mentre le cefalee secondarie si associano ad altre patologie, di cui rappresentano un sintomo.
Approfondiamo con il dottor Vincenzo Tullo, Neurologo e Responsabile dell’Ambulatorio sulle cefalee in Humanitas, una cefalea del primo tipo, quella a grappolo, una patologia rara e tuttavia complessa e invalidante per il paziente.
Cefalea a grappolo: cosa comporta?
“La cefalea a grappolo si verifica tra lo 0,2 e lo 0,3 per cento della popolazione generale e per questo la definiamo una patologia rara. Tipicamente insorge tra i 20 e i 30 anni e affligge in particolare i pazienti maschi.
Il suo nome deriva dall’alternanza di periodi attivi della patologia, chiamati grappoli, di circa un paio di mesi e in cui il paziente è interessato da un susseguirsi di attacchi di mal di testa particolarmente severi, e periodi di remissione, che possono essere molto brevi o durare mesi o persino anni.
Gli attacchi di cefalea possono avere una durata che varia dai 15 minuti alle 3 ore e susseguirsi con cadenza giornaliera o, più frequentemente, fino a 7-8 episodi nel corso di un’unica giornata.
Quando i periodi di remissione sono particolarmente brevi, la cefalea a grappolo viene considerata cronica e, dunque, trattata di conseguenza”, spiega il dottor Tullo.
Dolori unilaterali localizzati e irrequietezza: i sintomi della cefalea a grappolo
“La cefalea a grappolo provoca al paziente un dolore unilaterale, che si localizza nella zona dell’occhio provocando, in alcuni casi, anche arrossamenti oculari, lacrimazione, rinorrea (naso che cola), ptosi palpebrale, e sudorazione facciale e frontale.
Questa sintomatologia è accompagnata da un più generale senso di agitazione e irrequietezza, provocato dalla severità del dolore e dal disagio che lo accompagna. L’unica via possibile per limitare il dolore, infatti, è rappresentata dall’assunzione di farmaci antidolorifici specifici, mentre sono inutili pratiche utilizzate per altre patologie, come l’emicrania, per cui è sufficiente sdraiarsi in un luogo buio e silenzioso con gli occhi chiusi”, approfondisce lo specialista.
Cefalea a grappolo e cambi di stagione: quali correlazioni?
“I pazienti interessati da cefalea a grappolo risentono particolarmente dei cambi di stagione, a causa della fluttuazione dell’alternarsi delle ore di luce e di buio. Attribuiamo questa problema a un’ipotesi fisiopatologica: la cefalea a grappolo coinvolge l’ipotalamo, struttura del sistema nervoso deputata alla regolazione di ritmi biologici e, dunque, interessata dalla fluttuazione di luce e buio.
Chi è affetto da cefalea a grappolo, infatti, ha un’alterazione strutturale dell’ipotalamo posteriore, una condizione che potrebbe associarsi a una minor produzione di melatonina. Inoltre la patologia si associa anche a un’alterazione del cortisolo, ormone che aumenta in relazione allo stress psico-fisico, con innalzamento della produzione circadiana in fase di grappolo”, continua il dottor Tullo.
La terapia farmacologica
“La cefalea a grappolo è una patologia dalla gestione complessa che, per quanto riguarda le sue forme croniche, non prevede ancora cure definitive.
Abitualmente si interviene sulla cefalea a grappolo con antidolorifici mirati, tra cui il sumatriptan, iniettato per via sottocutanea che in 10-15 minuti riesce a controllare il dolore, l’indometacina e l’ossigeno.
La terapia preventiva per questa patologia, invece, prevede all’esordio del grappolo l’assunzione di farmaci specifici atti a diminuire il numero delle crisi, come il litio, il verapamil, il cortisone e gli antiepilettici.
Inoltre è in sperimentazione a livello mondiale e in fase avanzata una nuova terapia che prevede l’assunzione di un anticorpo in grado di bloccare il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), una sostanza coinvolta nella cefalea a grappolo”, sottolinea lo specialista.
Il trattamento chirurgico per la cefalea a grappolo
“In determinati casi è possibile intervenire anche per via chirurgica, tramite stimolazione cerebrale profonda (deep brain stimulation). Si tratta di un intervento invasivo, che interviene sull’ipotalamo posteriore, riservato a pazienti critici e farmaco-resistenti.
Altre opzioni prevedono invece la stimolazione del nervo grande occipitale e l’iniezione di anestetici e cortisone nel nervo grande occipitale e nel ganglio sfenopalatino, un ganglio nervoso del nervo trigemino situato nelle fosse nasali.
I pazienti interessati da cefalea a grappolo devono prestare particolare attenzione allo stile di vita, prediligendo una dieta sana ed equilibrata, evitando vizi quali l’alcol e il fumo, mantenendo un ritmo sonno-veglia regolare e contenendo entro la norma lo stress psico-fisico”, conclude il dottor Tullo.
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