La spondilite, o spondiloartropatia, è una malattia infiammatoria della colonna vertebrale che rende il rachide meno mobile e flessibile e, nei casi più gravi, porta la colonna a fondersi andando a formare una struttura unica.
Conseguenza di questa patologia è l’ossificazione dei legamenti, dei tendini e delle capsule articolari, nonché la formazione di ponti ossei (sindesmofiti).
La dottoressa Lara Castagnetti, specialista in Riabilitazione Ortopedica e Osteopatia di Humanitas, ci aiuta ad approfondire l’argomento mettendo l’accento sull’importanza della riabilitazione per la salute del paziente.
Spondilite, come la riconosco?
La spondilite è una patologia che colpisce in particolar modo gli uomini, e si manifesta generalmente tra i 20 e i 40 anni. Sono predisposti alla patologia pazienti affetti da psoriasi (o con parenti di primo grado che ne sono affetti), o da malattie infiammatorie croniche intestinali.
Uno dei sintomi tipici della spondilite è la lombalgia di tipo infiammatorio. Si tratta di un mal di schiena a livello lombare di lunga durata, che va a colpire pazienti ancora giovani e peggiora durante il riposo notturno, provocando una notevole rigidità al risveglio che migliora con il movimento. La lombalgia di tipo infiammatorio ha una comparsa lenta, si manifesta con intermittenza, ed è di intensità variabile: raramente il dolore che provoca è acuto.
Attenzione però, sottolinea la dottoressa Castagnetti, a non confondere questo sintomo con la più comune lombalgia meccanica, che colpisce improvvisamente a seguito di uno sforzo e migliora con il riposo.
Le conseguenze della patologia
La spondilite è una patologia invalidante perché, oltre al dolore, provoca anche una progressiva alterazione della postura del rachide e può causare modificazioni posturali.
In fasi più evolute della patologia si può anche verificare una riduzione dell’espansibilità toracica e, quindi, della funzione polmonare, e si possono manifestare complicazioni neurologiche.
Riabilitazione: un percorso necessario
Per migliorare la qualità della vita, accanto alla terapia farmacologica, il paziente deve essere sottoposto a un progetto riabilitativo individuale, che tenga conto delle sue esigenze personali e preveda esercizi appropriati alla sua condizione fisica.
Il percorso riabilitativo, spiega la dottoressa Castagnetti, è fondamentale per permettere una riduzione del dolore e della rigidità articolare, prevenire deformità articolari, e mantenere un’adeguata funzione respiratoria e una postura corretta. Inoltre l’esercizio fisico aiuta anche il paziente ad attenuare o prevenire forme di depressione, che possono insorgere a causa degli impedimenti nelle attività quotidiane provocati dalla patologia.
Una parola d’ordine: mobilità
Il mantenimento della mobilità del rachide e delle articolazioni sembrerebbe essere la terapia riabilitativa fondamentale. Ma anche lo stretching, il rinforzo muscolare, e un adeguato fitness cardiorespiratorio sono importanti componenti per un programma riabilitativo bilanciato.
È stato osservato come la terapia di gruppo dia risultati migliori rispetto alla terapia individuale e l’esercizio con supervisione sia più idoneo di quello non supervisionato. In generale questi risultati possono essere dovuti anche da fattori non fisici ma psicologici, tipici delle situazioni di gruppo, come la condivisione di un’esperienza emotivamente complessa con altre persone.
Un ulteriore miglioramento può derivare dall’associazione della fisioterapia “a secco” con l’idrochinesiterapia, quindi una fisioterapia in acqua in cui gli esercizi si basano sulla parziale assenza di gravità.
Riabilitazione: come si svolge?
La riabilitazione procede in tre direzioni: quella delle posture correttive, quella degli esercizi attivi, e quella delle regole di igiene di vita.
Per quanto riguarda le posture correttive (come il decubito supino, il decubito prono e la posizione della sfinge) lo scopo principale è quello di correggere l’ipercifosi dorsale, la lordosi lombare e la perdita di estensione dell’anca.
Gli esercizi attivi, invece, sono rivolti ad alleviare la sintomatologia dolorosa, mantenere la mobilità della colonna, conservare l’espansione toracica, e prevenire la comparsa di deformazioni. Si devono naturalmente adattare alle caratteristiche specifiche del singolo paziente, non provocare mai dolore ed essere eseguiti quotidianamente. Questa tipologia di esercizi si divide in: esercizi di mobilizzazione attiva, esercizi di rinforzo muscolare, stretching ed esercizi respiratori.
Infine sono importanti anche le regole di igiene di vita, che il paziente deve applicare nella sua quotidianità. È opportuno, per esempio, ridurre le posture in cifosi e, quindi, mantenere la verticalità della colonna in posizione sia eretta sia seduta, ma anche dormire in un letto rigido con un cuscino basso e in posizione supina o prona, evitando invece la posizione fetale, conclude la dottoressa Castagnetti.
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