La fibrillazione atriale è l’aritmia più diffusa nella popolazione generale, colpisce prevalentemente soggetti che hanno superato i 65 anni di età, con un maggior coinvolgimento degli uomini rispetto alle donne.
Si parla di fibrillazione atriale quando il battito del cuore è irregolare e disorganizzato, spesso troppo veloce: un’anomalia dovuta a un difetto elettrico del cuore che porta a una mancata sincronizzazione tra atri e ventricoli perché il numero dei battiti in atrio è superiore a quello dei ventricoli.
Come sottolinea il dottor Maurizio Gasparini, Responsabile dell’Unità Operativa di Elettrofisiologia ed Elettrostimolazione di Humanitas: “È importante che la diagnosi della fibrillazione atriale sia tempestiva, così come l’inizio del trattamento. Il trattamento terrà conto delle caratteristiche del singolo paziente, degli aspetti dell’aritmia e dell’eventuale presenza di sintomi e di condizioni favorenti”.
La terapia farmacologica e la cardioversione
“La terapia della fibrillazione atriale può essere sia farmacologica che interventistica. Ovviamente la decisione viene presa dopo una valutazione attenta del paziente che tiene conto del tipo di aritmia, della sua insorgenza e dell’eventuale concomitanza con altre patologie cardiache.
Innanzitutto se il paziente presenta un serio rischio di andare incontro a un fenomeno di embolia, si ricorre a una terapia anticoagulante.
Una volta raggiunta un’adeguata scoagulazione si potrà eseguire una cardioversione elettrica o farmacologica.
La cardioversione farmacologica della fibrillazione atriale impiega farmaci che agiscono modificando le proprietà elettriche del cuore per ridurre i focolai che danno origine ad attività irregolare e facilitano il ritorno al ritmo regolare. Tuttavia se non somministrati nelle prime ore spesso non sono efficaci e bisogna successivamente ricorrere alla cardioversione elettrica.
Nella cardioversione elettrica l’aritmologo – attraverso delle scosse elettriche – prova a resettare il ritmo cardiaco e a farlo ripartire in maniera regolare. Da un punto di vista tecnico, la cardioversione elettrica della fibrillazione atriale consiste nell’applicazione transtoracica di corrente continua sincronizzata con l’attività elettrica del cuore.
I farmaci antiaritmici vengono poi prescritti per mantenere il ritmo sinusale e prevenire la recidiva dell’aritmia”, spiega il dottor Gasparini.
Quando si fa ricorso all’ablazione?
“Si fa ricorso all’ablazione quando i farmaci antiaritmici non sono efficaci oppure non sono tollerati dal paziente o quando, in ogni caso, il controllo degli episodi aritmici non è sufficiente.
L’ablazione trans-catetere è una procedura mininvasiva in grado di ripristinare i corretti percorsi elettrici. Grazie alle nuove tecnologie è possibile valutare, a seconda dell’anatomia del paziente e in particolare della conformazione dell’atrio sinistro, la tecnica ablativa più idonea. Nel nostro Centro nella maggior parte dei casi si ricorre alla metodica ablativa con radiofrequenza guidata dalla stereotaxi e dal mappaggio tridimensionale CARTO; in altri casi si utilizza la tecnica con crioablazione tramite pallone o con catetere multi elettrodico circolare a radiofrequenza.
L’ablazione trans-catetere consiste nell’inserire un catetere (un tubicino flessibile) nelle vene femorali e a livello inguinale e da qui manovrarlo fino al raggiungimento della parte destra del cuore; attraverso una puntura del setto interatriale con un ago dedicato, si accede alla parte sinistra del cuore, dove vengono effettuate delle piccole “bruciature” (per esempio erogando energia a radiofrequenza) al fine di isolare le vene polmonari responsabili della fibrillazione. Questa metodica, che viene eseguita in sedazione profonda, permette di impedire l’innesco della fibrillazione atriale, in quanto l’area da cui partono gli impulsi difettosi viene bloccata (isolata elettricamente)”, prosegue il dottor Gasparini
L’ablazione è risolutiva?
“L’ablazione è efficace e può eliminare l’aritmia (o comunque ridurre il numero degli episodi aritmici) in una percentuale molto alta di casi che va dal 70 all’85-90%. Tuttavia anche se minime ed estremamente rare, l’ablazione della fibrillazione atriale può avere complicanze quali la perforazione cardiaca (che richiede usualmente il posizionamento temporaneo di un drenaggio pericardico) o l’ematoma nella sede di inserimento dei cateteri. In ogni caso l’aritmologo valuterà in ogni paziente affetto da fibrillazione atriale il rapporto “costo-beneficio” per la tecnica ablativa da utilizzare”, conclude il dottor Gasparini.
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