Fegato grasso: in Italia ne soffrono 4 italiani su 10, e spesso non ne sono consapevoli. Il fegato ha un ruolo centrale nel metabolismo del nostro organismo per questo prevenire (e se necessario) curare la steatosi – questo il nome della patologia – è fondamentale, intervenendo anche sullo stile di vita.
Il professor Alessio Aghemo, Responsabile dell’Unità Operativa di Epatologia in Humanitas, ne ha parlato in un’intervista.
Fegato grasso: cosa è la steatosi e cosa può diventare
“Il fegato grasso è una condizione caratterizzata dall’accumulo di grassi a livello epatico – ha spiegato il professore -. Spia di una possibile sindrome metabolica, nota come ‘Nafld’ (acronimo inglese che indica la steatosi epatica non alcolica) in sé non è dannosa, in quanto in assenza di altre caratteristiche l’organo assolve regolarmente le sue funzioni. Il vero problema si innesca quando questa condizione si evolve in ‘Nash’, cioè la steatoepatite non alcolica”.
Il fegato grasso, quindi, può rappresentare una vera bomba ad orologeria: “Quando si verifica questa trasformazione assistiamo ad un cambiamento del tessuto epatico – ha aggiunto il professore – Mentre nella steatosi si parte dal fegato composto da accumuli di grasso, con la steatoepatite si hanno vere e proprie formazioni di tessuto fibroso” che “compromette in modo progressivo la funzionalità dell’organo portandolo alla cirrosi e allo sviluppo del carcinoma epatico”.
Da steatosi e steatoepatite: le cause del processo degenarativo
Le vere cause e condizioni che portano al cambiamento del tessuto epatico non sono ancora del tutto chiare. Secondo alcuni studi sarebbe dimostrata una disposizione genetica ma allo stesso tempo si sta facendo chiarezza anche sul ruolo della dieta e dell’alimentazione: “L’eccesso di carni rosse e insaccati, utilizzo di zuccheri industriali, grassi trans e polinsaturi sono alcuni dei fattori alimentari implicati nella transizione dal fegato grasso a quella steatoepatite non alcolica”, ha spiegato il professore.
La diagnosi e la cura
La steatoepatite non alcolica risulta di difficile diagnosi perché è asintomatica fino alla comparsa della cirrosi. Il metodo ad oggi più utilizzato è il fibroscan, un esame che consente di valutare e riconoscere la fibrosi epatica.
Ancora non esistono farmaci in grado di bloccare il processo degenerativo del tessuto epatico, per questo è fondamentale intervenire sullo stile di vita e cercare di salvaguardare il fegato: “Cambiare alimentazione, evitare il consumo di alcolici e fare attività fisica sono i fattori chiave per ridurre al minimo le possibilità che il fegato grasso evolva in ‘Nash’”, ha spiegato il Prof. Aghemo.
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