“International validation of the consensus Immunoscore for the classification of colon cancer: a prognostic and accuracy study”: questo il titolo dello studio pubblicato su The Lancet a cui hanno preso parte anche due specialisti di Humanitas. La pubblicazione dello studio è stata accompagnata da un Commentary curato dal Prof. Shuji Ogino e Prof. Marios Giannakis della Harward Medical School. Si tratta infatti di uno studio multicentrico, capitanato da ricercatori francesi, che si inserisce in un lungo percorso di ricerca dedicato alla comprensione del ruolo della risposta immunitaria nella progressione del tumore al colon dopo intervento chirurgico.
Ne parliamo con il dottor Luigi Laghi, specialista in Gastroenterologia e responsabile del Laboratorio di Gastroenterologia Molecolare, parte del Dipartimento di Gastroenterologia, e con il dottor Fabio Grizzi, istologo ricercatore, due degli autori dello studio e referenti di Humanitas per il Progetto Immunoscore.
“Questo studio si inserisce in un nostro filone di ricerca che ha inizio nel 2009 con la pubblicazione, sulla rivista “The Lancet Oncology”, di uno studio con alcuni dati confermati da quello attuale. Negli anni seguenti si è rafforzata la collaborazione con il gruppo del Prof. Alberto Mantovani, con l’obiettivo di comprendere la risposta immunitaria nella progressione del tumore al colon dopo l’intervento chirurgico”, hanno spiegato gli specialisti.
Cosa è emerso dallo studio
“In questo studio sono state esplorate due popolazioni linfocitarie CD3+ e CD8+, e misurate le loro presenze a livello intra-tumorale e peri-tumorale: tanto più questa è alta, tanto migliore sarà la prognosi del paziente. Un paziente con una scarsa risposta immunitaria infatti presenta una maggior tendenza ad andare incontro a micrometastasi mentre il tumore è in loco. Questo studio è valido per i pazienti che non hanno malattia metastatica e dunque la cui stadiazione di malattia è tra lo stadio I e il III.
Il nostro approccio presenta alcuni fattori distintivi. Siamo infatti stati pionieri in Europa nell’identificazione dei tumori del colon con instabilità dei microsatelliti (MSI), un sottogruppo caratterizzato da una miglior prognosi e che intrinsecamente stimola un’alta risposta immunitaria, di cui una frazione insorge per predisposizione ereditaria. Noi analizziamo questo sottogruppo di tumori separatamente, di modo da avere una stima più precisa del vantaggio prognostico legato all’infiltrato di per sé. Anche in ragione di questo approccio, pesiamo differentemente il vantaggio dell’infiltrato in stadio III, ove questo tende a nostro avviso a ridursi, probabilmente per fenomeni di immuno-evasione, ancora da delucidare”, ha spiegato il dottor Laghi.
“In termini metodologici è importante evidenziare come con i precedenti studi condotti in Humanitas e l’attuale su The Lancet siamo, a tutti gli effetti, entrati nel campo della “Medicina Quantitativa”. Le differenti “entità istologiche” sono state misurate utilizzando un sistema computer-assistito oggettivo, in altre parole indipendente dall’osservatore. Nell’ambito della Scienza Medica, e in particolare nella diagnostica istopatologica, sono, tuttavia, ancora in uso sistemi classificativi “semi-quantitativi” basati su “categorie” nelle quali il preparato istologico è incluso per peculiari caratteristiche morfologiche della malattia osservabili al microscopio. Tuttavia, tali sistemi non considerano i processi biologici nelle loro capacità di mutare nel tempo e nello spazio con modalità complesse. Inoltre, il sistema categoriale “semi-quantitativo” è, per sua natura, soggettivo e quindi affetto dall’interpretazione dell’osservatore. Al fine di meglio comprendere l’interazione tra sistema immunitario e progressione del tumore del colon è stato, quindi, istituito un Consorzio Internazionale con lo scopo di definire e standardizzare il processo di misurazione su base matematica quantitativa, ha aggiunto il dottor Grizzi.
Il Progetto Immunoscore e l’impegno di Humanitas
“Lo studio è inserito nel Progetto Immunoscore, nato 6 anni fa, che ha generato un Consorzio Internazionale cui afferiscono ricercatori e studiosi impegnati in questo filone. Humanitas è da sempre attivo in questo ambito, come dimostra anche la pubblicazione di questo studio, e auspichiamo che questo lavoro apra la strada, a studi randomizzati e controllati che consentano di fare ulteriori passi avanti al fine di introdurre progressivamente nella pratica clinica i marcatori linfocitari come elemento prognostico”, hanno concluso il dottor Laghi e il dottor Grizzi.
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