È il tumore più diagnosticato nella popolazione maschile fino alla mezza età ed è associato a un’evoluzione favorevole, con un tasso di mortalità molto basso. È il tumore al testicolo. Quali sono le forme di trattamento previste per questa neoplasia? Ne parliamo con il dottor Giovanni Lughezzani, urologo di Humanitas.
Meno di una diagnosi su cento annuali
Il tumore origina dalle cellule dei tessuti di uno o entrambi i testicoli, organi deputati alla produzione degli spermatozoi e di alcuni ormoni maschili. Sebbene raro, nella fascia d’età fino ai 49 anni, il tumore al testicolo risulta comunque quello più frequente. La sua proporzione rispetto al totale delle diagnosi oncologiche è pari al 12%, come ricorda l’Aiom, l’Associazione italiana di Oncologia medica.
Il picco d’incidenza si raggiunge tra i 20 e i 30 anni d’età mentre dopo i 50 il tumore al testicolo cede il posto a un’altra neoplasia che interessa sempre l’apparato uro-genitale, ovvero il tumore alla prostata. Secondo le stime dell’associazione riferite al 2017 erano attese circa 2500 diagnosi, l’1% di tutti i tumori diagnosticati nel sesso maschile.
La mortalità associata al tumore al testicolo è molto bassa, con meno di un decesso per tumore riconducibile a questa neoplasia (lo 0,1% per l’esattezza). Nei primi cinque anni dalla diagnosi, pertanto, il tasso di sopravvivenza è molto elevato e supera il 90%.
I trattamenti per il tumore del testicolo
Una diagnosi tempestiva, con il tumore nelle sue fasi iniziali, si associa a percentuali di guarigione che sfiorano il 100%. Ed è proprio per aumentare le probabilità di diagnosi precoce che gli urologi e gli andrologi richiamano l’importanza dell’autopalpazione del testicolo, un gesto che dovrebbe essere compiuto regolarmente per rilevare la presenza di tumefazioni e irregolarità del testicolo. Nella maggior parte dei casi, infatti, il soggetto colpito da questa neoplasia riferisce al medico il riscontro di un nodulo o l’aumento delle dimensioni del testicolo, in genere in assenza di altri sintomi come il dolore, ma con una sensazione di pesantezza dell’organo stesso.
In generale i tumori al testicolo si dividono in germinali e non germinali con i primi che rappresentano la quasi totalità di questa neoplasia. I tumori germinali interessano le cellule che producono gli spermatozoi e si dividono in neoplasie seminomatose o non seminomatose del testicolo.
I trattamenti del tumore al testicolo includono tanto la chirurgia quanto la radio- o chemioterapia a seconda del tipo istologico e dello stadio in cui viene diagnosticata la neoplasia.
“La chirurgia sul testicolo è sempre fondamentale per ottenere una corretta caratterizzazione delle neoplasie testicolari – ha confermato lo specialista, specificando in quali casi l’intervento prevede l’asportazione del testicolo -. Nella maggior parte dei casi l’orchifunicolectomia rappresenta il trattamento di scelta, per quanto, in casi estremamente selezionati (come neoplasie bilaterali o di piccole dimensioni) la chirurgia conservativa, che prevede l’asportazione solo del tumore, possa avere un ruolo”. A quel punto la radioterapia sulle stazioni linfonodali retroperitoneali è talvolta utilizzata in caso di neoplasie testicolari seminomatose, per quanto sia un approccio sempre meno utilizzato per via dei possibili effetti collaterali a lungo termine, come per esempio l’insorgenza di tumori secondari.
“La chemioterapia può essere utilizzata sia in caso di tumori seminomatosi che non seminomatosi e può essere somministrata a scopo precauzionale, per esempio in pazienti senza evidenza di malattia a livello linfonodale, o come trattamento in caso di presenza di metastasi linfonodali o livello di altri organi a distanza. Sia il trattamento chirurgico che radio/chemioterapico possono essere associati a problemi di fertilità. Di conseguenza, i pazienti candidati a tali terapie devono essere debitamente informati su tali rischi ed eventualmente sottoporsi a una crioconservazione del seme prima di intraprendere il proprio iter terapeutico”, ha concluso il dottor Lughezzani.
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