Recenti evidenze scientifiche hanno confermato l’esistenza di una fase della malattia metastatica limitata per numero e sede delle lesioni metastatiche; questa condizione è nota con il termine di malattia oligometastatica ed essendo caratterizzata da un comportamento biologico meno aggressivo rispetto alla malattia metastatica diffusa, si associa ad una prognosi migliore. Gli studi in questo campo hanno evidenziato come una ottimale integrazione tra terapie sistemiche e locali possa migliorare il controllo di malattia ed i risultati clinici.
L’approccio multidisciplinare diventa cruciale per garantire la migliore selezione dei pazienti oligometastatici da sottoporre a trattamenti locali con terapie sempre più mirate ed efficaci. Lo dimostra uno studio osservazionale condotto dagli specialisti di Humanitas Cancer Center, teso a valutare il profilo di sicurezza, il controllo locale di malattia ed il tasso di sopravvivenza di pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule oligometastatico sottoposti a radioterapia stereotassica, un’innovativa tecnica radioterapica non invasiva che permette di erogare una elevata dose di radiazioni sul volume tumorale con estrema accuratezza e precisione, provocandone la morte cellulare. Ne parliamo con la dottoressa Fiorenza De Rose, radioterapista oncologa.
Quale studio è stato condotto in Humanitas?
“Una ormai vasta letteratura scientifica ha evidenziato una migliore prognosi per i pazienti oligometastatici sottoposti a terapie locali, come la radioterapia”, spiega la dott.ssa De Rose. “Il nostro studio è stato condotto su pazienti non candidabili ad intervento chirurgico e sottoposti ad un trattamento radioterapico stereotassico, valutandone il beneficio in termini di efficacia e tollerabilità”. Questa analisi è stata effettuata su 60 pazienti con tumore polmonare oligometastatico (complessivamente 90 lesioni radiotrattate).
Quali aspetti ha messo in evidenza?
“Il nostro lavoro – continua la dott.ssa De Rose – ha messo in evidenza che in pazienti accuratamente selezionati la radioterapia stereotassica è ben tollerata e si associa ad un elevato tasso di controllo locale di malattia”. Altro obiettivo che lo studio si poneva era quello di misurare l’impatto della terapia locale sulla sopravvivenza. “Studi recenti hanno analizzato dati relativi ad ampie casistiche di pazienti oligometastatici per cercare di identificare i fattori prognostici che maggiormente impattano sulla sopravvivenza; quelli più rilevanti sono risultati essere: l’intervallo libero da malattia (pari o superiore a un anno), un numero di metastasi contenuto (meno di 3) e l’assenza di coinvolgimento linfonodale all’esordio per pazienti con tumore primitivo polmonare. La nostra analisi ha evidenziato un tasso di sopravvivenza globale migliore per i pazienti senza coinvolgimento linfonodale all’esordio, confermando l’importanza prognostica di questo dato”.
“La compresenza di competenze specialistiche diversificate e l’approccio multidisciplinare – conclude la dott.ssa De Rose – sono determinanti per individuare i pazienti oligometastatici che realmente possono beneficiare della terapia locale ablativa”.
Allo studio hanno partecipato, oltre alla dottoressa De Rose, la dottoressa Pierina Navarria, la dottoressa Anna Maria Ascolese e la dottoressa Elena Clerici, Radioterapiste Oncologhe, il dott. Luca Cozzi, ricercatore, il dott. Marco Alloisio, Responsabile di Chirurgia Toracica, il dott. Alberto Testori, Responsabile di sezione, il dott. Luca Toschi e la dott.ssa Giovanna Finocchiaro, Oncologi Medici, la professoressa Marta Scorsetti, Responsabile di Radioterapia e Radiochirurgia, e il direttore di Humanitas Cancer Center Armando Santoro.
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