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Tumori e malattie cardiovascolari, cure migliori grazie alla ricerca

La ricerca di Humanitas è stata protagonista di un servizio andato in onda lo scorso 6 giugno nell’ambito di Medicina 33, rubrica del Tg2 dedicata alla salute. Con il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University, è stato affrontato il rapporto tra infiammazione e tumori.

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Qual è il legame tra infiammazione e tumori?

“Un tumore è fatto non solo da cellule tumorali, ma è costituito anche da una nicchia ecologica costituita soprattutto dalle cellule dell’infiammazione, che oltre a non svolgere il loro ruolo di difesa aiutano addirittura il cancro a crescere e a dare metastasi”.

“Colpire la cellula tumorale era, e rimane ovviamente, la parola d’ordine. Però piano piano ci siamo accorti che la “nicchia ecologica” dentro la quale crescono le cellule tumorali è altrettanto importante, quanto la cellula tumorale stessa. Moltissimi studi sono indirizzati per frenare, in vari modi, le “strategie” del tumore e della sua nicchia ecologica. La proteina PTX3 appare una delle strade da seguire”.

“L’immunologia e l’immunoterapia costituiscono, infatti, la nuova frontiera della lotta contro il cancro. Noi oggi usiamo le armi dell’immunità per trattare i linfomi e tumori solidi fino ai melanomi. Il concetto applicato è quello della translational immunology. Che significa da una parte comprendere i meccanismi del sistema immunitario e trasferirli al letto del paziente, dall’altra studiare il paziente, la sua immunità, tornare al laboratorio, individuare i problemi e ritrasferire l’informazione al letto del paziente”.

Malattie cardiovascolari, qual è il ruolo dell’infiammazione?

“Anche qui l’influsso è evidente. Prendiamo ad esempio l’aterosclerosi: si tratta di una forma di infiammazione che, non caso, curiamo con le statine, che oltre ad avere l’effetto di abbassare il colesterolo inibiscono l’infiammazione provocata dai macrofagi, le cellule, appunto, dell’infiammazione”.

In quale direzione va la ricerca applicata in ambito cardiovascolare?

Il campo di applicazione è molto vasto. Parte dallo studio della genetica delle malattie cardiovascolari – quindi i fattori di rischio genetico, come ad esempio quelli per lo scompenso cardiaco – e arriva fino allo sviluppo di nuove metodologie che aiutano, ad esempio, i chirurghi vascolari.

Dottor Enrico Lugli, Responsabile del Laboratorio Immunologia Traslazionale

“Quest’estate partirà una nuova sperimentazione clinica che prevede l’utilizzo di linfociti T per eliminare la componente tossica che si può presentare a seguito di un trapianto fatto a causa di un tumore. In particolare, i casi che ci interessano sono quelli con pazienti fortemente immunodepressi, sui quali non riescono ad avere effetto i farmaci specifici anti-rigetto. Quello che cercheremo di fare, in sostanza, è favorire la risposta immunologica a lungo termine senza che vi siano quagli effetti collaterali che si potrebbero avere dall’infusione di cellule parzialmente incompatibili”.

Prof. Gianluigi Condorelli, Responsabile del Dipartimento Cardiovascolare

“Una delle applicazioni frutto della ricerca riguarda i cardiomiociti, le cellule del cuore, in presenza di malattie rare. Le cellule del cuore prodotte dalle cellule del sangue di un paziente con una patologia rara vengono prima indotte a diventare cellule staminali e poi ritrasformate in cardiomiociti. Un processo che consente di studiarne in modo più efficace le funzioni in presenza, appunto, di patologie molto complesse quali le malattie rare. Un altro ambito di ricerca che ci riguarda è quello relativo all’identificazione di nuovi biomarcatori che possano fornire indicazioni precise sullo stato fisiopatologico delle malattie cardiovascolari e anche sull’efficacia o meno dei farmaci utilizzati per combatterle”.

Dott.ssa Lucia Torracca, Responsabile di Cardiochirurgia

“Le ricerche effettuate in laboratorio sono molto utili anche per noi cardiochirurghi, perché ci aiutano a capire la modalità di evoluzione della cardiopatia che andremo a operare. Gli studi di laboratorio, nello specifico, ci aiutano a capire che cosa è accaduto durante lo sviluppo della malattia e a individuare il momento migliore per intervenire”.

Guarda il servizio completo andato in onda il 6 giugno a Medina 33

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