Si è svolto lo scorso weekend a Roma il corso dal titolo “Robotic Top Gun – Le abilità non tecniche in chirurgia urologica”, organizzato dalla Società Italiana di Urologia in collaborazione con i comandanti dell’aviazione. Tra i relatori, il dott. Nicolò Buffi, urologo dell’équipe del prof. Giorgio Guazzoni, che è intervenuto sul tema della pieloureteroplastica robotica.
Cos’è il “Robotic Top Gun”?
Il corso “Robotic Top Gun” svoltosi a Roma il 13 e 14 maggio scorso è stato l’occasione per fare il punto sui progressi della chirurgia robotica e per affrontare il tema dell’errore umano nella pratica clinica, sensibilizzando i partecipanti all’importanza delle cosiddette abilità “non tecniche”. Il corso ha visto la collaborazione di esperti del mondo dell’aviazione, un campo in cui si è molto investito nell’analizzare le dinamiche degli incidenti al fine di migliorare la sicurezza in volo. Visti i successi in campo aeronautico, alcune Università e Organizzazioni – tra cui l’OMS – hanno pensato di trasferire questo approccio anche alla Medicina, considerato anche che in aeronautica il tasso di incidenti dovuto a errori dell’equipaggio presenta analogie con quello dei team medici. È stata dunque realizzata una classificazione delle competenze non tecniche riguardanti le performance in fase intra-operatoria, come consapevolezza della situazione, capacità decisionale, leadership, lavoro di gruppo e comunicazione, organizzazione dei compiti.
Che cos’è la pieloureteroplastica robotica?
La pieloplastica è un intervento volto all’incisione e alla rimozione della parte di uretera coinvolta nella stenosi del giunto pielo-ureterale. Le due estremità risultate dalla rimozione vengono poi suturate, al fine di consentire il corretto deflusso dell’urina dal rene, con la scomparsa dei sintomi e la conservazione della funzionalità dell’organo. Un tutore ureterale interno (detto stent “doppio J”) viene inserito in maniera anterograda o retrograda e rimosso in ambulatorio a distanza di un mese circa dall’intervento.
In passato la pieloplastica era un intervento a cielo aperto. Dal 1993 è stato introdotto l’approccio per via laparoscopica, che ha poi lasciato spazio alla chirurgia robotica e a tecniche mininvasive per il trattamento della stenosi.
“Oggi – spiega il dott. Buffi – grazie al Robot da Vinci è possibile assicurare una chirurgia estremamente precisa, con conseguente riduzione del traumatismo dei tessuti e della degenza post-operatoria”. Il chirurgo, fisicamente lontano dal campo operatorio e seduto a una postazione dotata di monitor e comandi, muove i bracci del robot. I trocar vengono introdotti attraverso piccole incisioni e il campo dell’operazione appare tridimensionale sullo schermo, con immagini ferme e ad altissima risoluzione.
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