Si è svolto dal 7 al 9 aprile scorso, a Roma, il SIMPAR (Study in Multidisciplinary Pain Research), un meeting annuale dedicato allo studio interdisciplinare del controllo del dolore.
Alla tre giorni era presente anche il dottor Fabio Intelligente, coordinatore della terapia del dolore dellU.O. di Anestesia e Day Surgery diretta dalla dottoressa Roberta Monzani, prendendo parte all’organizzazione del workshop dedicato al ruolo della nutraceutica dal titolo “FYD: Feed your destiny, fighting pain”.
Che cos’è la nutraceutica e qual è stato il focus del workshop?
«La nutraceutica è lo studio delle proprietà preventive e terapeutiche di alcuni nutrienti e/o alimenti. Nel corso del workshop, che ha visto la partecipazione di diversi specialisti internazionali, abbiamo dibattuto su quale possa essere il ruolo della nutrizione nella gestione del dolore cronico. L’alimentazione infatti è fondamentale nel determinare lo stile di vita e il benessere di ciascuno di noi. Ci siamo chiesti come i nutrienti assunti con gli alimenti possano influire anche sull’insorgenza delle sindromi dolorose croniche e quindi come poterne potenzialmente prevenirne l’insorgenza o migliorarne il controllo partendo proprio dalla modifica delle abitudini alimentari».
Quali sono i prossimi obiettivi?
«Abbiamo individuato alcuni nutrienti – come gli acidi grassi omega 3 e la curcuma – potenzialmente molto interessanti per la potenziale attività antinfiammatoria e già oggetto di studio nelle malattie autoimmuni ed osteoartrosiche. Il nostro obiettivo è quello di poter capire meglio il ruolo di queste sostanze e del loro metabolismo sui meccanismi di mantenimento dello stato infiammatorio e del dolore per poi poterne valutare l’efficacia in ambito clinico. Particolare attenzione verrà riposta anche sulle possibili differenze genetiche: come per i farmaci, non tutti i soggetti metabolizzano le sostanze nello stesso modo e ciò comporta possibili differenze nei risultati clinici. Dall’incrocio di questi dati speriamo di ottenere informazioni che ci aiutino ad alleviare la condizione dei pazienti con dolore cronico in modo sempre più “sartoriale”, anche attraverso la nutrizione».
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