Lo chiamano “el suizo” o “el puentero”. Lo svizzero. Il costruttore di ponti. Perché della sua professione non ha fatto solo un lavoro ma una vera e propria missione. Toni Ruttiman, ingegnere civile di origine svizzera, ha deciso di “rendere più facile la vita di chi ce l’ha difficile”. Gira il mondo per costruire ponti pedonali in zone disagiate. Per superare un fiume, per collegare un paese alla civiltà o per riunire una strada distrutta da un nubifragio. Ecuador, Cambogia, Vietnam, America Centrale. Il suo è un impegno senza confini, che ha raccontato durante la conferenza “Ingegno consapevole”, che si è tenuta giovedì 11 ottobre presso il Politecnico di Milano.
“L’idea è molto semplice – dice Toni -. Cercare ciò che gli altri non usano più: cavi delle funivie scartati, tubi di seconda scelta, assi di legno tagliate male. Questi materiali ci vengono donati da grandi aziende, che ci aiutano spesso anche nel trasporto via terra, mare e perfino cielo. Perché la nostra attività si svolge soprattutto nei paesi più disagiati, dove le catastrofi naturali o le guerre hanno reso difficile la vita normale”.
Sono 360 i ponti che Toni ha costruito finora (modello KISS, come piace dire a lui: Keep It Simple Safe). Non da solo, ma con l’aiuto delle persone del posto. Donne e bambini compresi. “Perché senza le persone giuste non potremmo arrivare da nessuna parte”. D’altronde è per le persone che queste strutture sono fatte. Basti pensare al ponte costruito tra Salvador e Honduras, usato per i matrimoni nonostante le conflittualità della guerra.
“La testimonianza di Toni – ha commentato il Presidente di Humanitas Gianfelice Rocca, tra i promotori dell’incontro al Politecnico – ci insegna che il lavoro non è solo tecnica. Il primo ponte da costruire è quello tra cuore e cervello. Bisogna prendere il proprio destino in mano e cominciare a usare le tecnologie e la ricerca per risolvere problemi semplici. La creatività dell’ingegno deve partire da un’attenta analisi dei bisogni. E’ così che anche Humanitas è nata: rispondendo ai bisogni di salute dei cittadini”.
Di Laura Capardoni
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