Quando arrivano in Italia dimostrano tre o quattro anni meno della loro età. Li ospitano per un mese alcune famiglie selezionate di Opera, in provincia di Milano, e dei comuni vicini. Sono bambini per i quali “famiglia” è un concetto strano, sospetto. Sono orfani sociali della Bielorussia e non hanno nessuno da chiamare “mama” o “papa”. Eppure, il breve soggiorno estivo o invernale in Italia fa spesso il miracolo di cambiarli nel fisico e nel carattere. Sono infatti anche bambini difficili, ma che la speranza di tornare dopo un anno in quella stessa famiglia, da quelle stesse persone che gli hanno voluto bene, nutre nel fisico e nella mente.
L’organizzazione onlus che tutti gli anni da otto anni fa lo stesso miracolo si chiama “Comitato pro bambini di Chernobyl” e si appoggia a Help for Children. Una bella esperienza, simile a quella di altri gruppi volontaristici del nostro Paese.
I bambini attesi la prossima estate sono 18, ma già in occasione di queste vacanze di Natale e sino all’11 gennaio, 6 bambini sono in Italia perché hanno un assoluto bisogno di cure mediche, non solo affettive. Tutti sono infatti bambini di Chernobyl: la nube tossica che si sprigionò nel maggio del 1986 a seguito dell’incidente verificatosi nella centrale nucleare ucraina colpì soprattutto la Bielorussia, contaminando terre e acque, specie della regione di Gomel. I bambini di cui il comitato si prende cura non hanno i genitori, oppure lo stato stesso li allontana da un padre e una madre incapaci di occuparsene. Crescono in orfanatrofio, ammassati senza affetti e con poco da mangiare e quel poco è contaminato da radionuclidi (materiali che producono radiazioni ionizzanti, come i raggi X, i raggi gamma, le particelle alfa e le particelle beta) concentrati. Per molti di loro gli effetti sul fisico sono molto seri, causando ritardi di crescita non solo fisica.
“Anche un breve periodo in un ambiente sano, a contatto di persone cui imparano a fidarsi e a voler bene, è in grado di rinforzare l’organismo e il carattere, rendendoli più resistenti alle avversità di una vita che imparano a vivere anziché subire. Quando, dopo un anno, ritornano li troviamo spesso cambiati nel volto, abbronzati, più forti e con ancora scolpiti nei cuori i valori che abbiamo cercato di trasmettergli”, spiega Lia Cappello Grimaldi, psicologa che ha il compito nel comitato di conoscere e preparare le famiglie disposte ad ospitare per un breve periodo uno di questi ragazzi.
Possono arrivare in Italia nelle condizioni di Piter. Due anni fa, quando è arrivato per la prima volta in Italia ospite di una famiglia di Opera, pesava 17 chilogrammi. Ed aveva già nove anni. “Faceva fatica a mangiare – ricorda Gina Capodaglio, la signora che l’ha accolto –, a deglutire. Anzi, non masticava affatto, così con molta pazienza, poco per volta, gli abbiamo insegnato a fare dei bocconi piccoli e a non ingozzarsi. Da solo, con le sue gambine, non riusciva neppure a fare più di cento metri. Durante il suo primo soggiorno italiano si è nutrito nel fisico e nell’animo e quando è ritornato, l’estate successiva, l’abbiamo trovato forte, rinato e bello e soprattutto non aveva dimenticato quanto gli avevamo insegnato, compreso un po’ di italiano”.
Trascorreranno le vacanze di Natale in Italia sei ragazzi. Sono arrivati dalla Bielorussia e, dopo le visite specilistiche che Humanitas gli offre gratuitamente in campo soprattutto ortopedico, endocrinologico e oculistico, si spera ritorneranno in luglio per iniziare le cure necessarie per risolvere i loro problemi molto seri di salute e crescita.
A cura di Marco Renato Menga
Nella foto alcuni membri del Comitato Pro Bambini di Chernobyl nsieme a due endocrinologi di Humanitas: il Prof. Pietro Travaglini e il dottor Paolo Colombo
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