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Anticox 2, un antidolorifico contro i tumori

 style=La ricerca nel campo dei tumori sta muovendo passi importanti su strade nuove e a quanto pare molto interessanti in termini di risultati. Le certezze non ci sono ancora e in ogni caso per arrivare alle applicazioni cliniche bisognerà aspettare almeno un quinquennio. Tuttavia alcune ricerche sembrano particolarmente stimolanti, anche perché il loro coinvolgimento in campo oncologico è stato quasi “casuale”. Tra queste c’è l’impiego degli anticox 2, farmaci antidolorifici innovativi e sulle cui peculiarità ci sono state anche discussioni, che sembrerebbero attivi nell’arrestare il processo di cancerogenesi in diversi tumori. Della questione ha parlato appena prima dell’estate il professor Phil Needleman, in pratica il “padre” di questi farmaci, che in una lettura magistrale presso l’Università di Milano ha descritto i possibili impieghi di questi medicinali in oncologia.

Come agiscono
Gli anticox 2 agiscono in modo specifico sulla ciclossigenasi 2 (o Cox 2) l’enzima che assieme alla ciclossigenasi 1 (o Cox 1) favorisce la produzione di prostaglandine, sostanze che danno il via al meccanismo del dolore. Mentre la Cox 1 attiva sia le prostaglandine che danno dolore sia quelle che proteggono lo stomaco e i reni, la Cox 2 stimola solo quelle “cattive”. In questo modo i farmaci anticox 2 (che bloccano solo la Cox 2) combattono il dolore, ma non dovrebbero causare danni a stomaco e reni come può succedere con i comuni antidolorifici, attivi su entrambe le ciclossigenasi.

Come si è pensato di usare gli anticox 2 in oncologia?
Praticamente per caso. In un gruppo di malati che assumevano gli anticox 2 per l’artrite reumatoide o per l’artrosi, si è infatti osservato un effetto benefico sui polipi adenomatosi intestinali, formazioni che colpiscono l’intestino di persone predisposte, appartenenti a famiglie a rischio, che possono facilmente trasformarsi in tumori maligni.
“In particolare”, spiega il professor Armando Santoro, responsabile dell’Unità Operativa di Oncologia ed Ematologia di Humanitas, “si è visto che la riduzione dei tumori del colon retto in queste persone è stata del 10-28%, in una percentuale variabile a seconda della dose assunta”. Da qui sono partiti diversi studi in laboratorio sulle cellule tumorali in coltura e sugli animali, per verificare il ruolo degli anticox 2 nel processo di cancerogenesi. La conclusione comune delle varie ricerche è stata che le cellule tumorali a diversi stadi (a volte anche in quelli pretumorali) esprimono la Cox 2, che parrebbe coinvolta nei processi di neoangiogenesi, cioè nella formazione di nuovi vasi sanguigni che danno nutrimento al tumore e gli permettono di svilupparsi. In pratica, la Cox 2 sembrerebbe essenziale perché le cellule tumorali si moltiplichino. E inattivandola con gli anticox 2 si potrebbe riuscire a bloccare lo sviluppo del tumore.

I risultati pratici?
“Per il momento sono pochi”, dice il professor Santoro, “perché gli anticox 2 sono utilizzati sui malati (attualmente solo negli USA) esclusivamente per la prevenzione del tumore del colon in caso di poliposi adenomatosa familiare. Però gli studi sull’argomento sono diversi.”
I più interessanti riguardano il tumore del polmone, del colon e della mammella, dove i Cox 2 associati alla chemioterapia tradizionale potrebbero aumentare le possibilità di sopravvivenza.

La ricerca negli Usa
Negli Stati Uniti, poi, sono in corso ricerche specifiche per particolari forme tumorali.
Innanzitutto i tumori del colon. A Boston si sta sperimentando la possibilità di utilizzare gli anticox 2 per evitare le recidive dopo gli interventi in caso di polipi sporadici del colon, tumori benigni che spesso degenerano. E in Texas si sta seguendo una sperimentazione analoga sui tumori ereditari del colon non poliposici. A Baltimora l’interesse è puntato su una particolare condizione pretumorale dell’esofago, l’esofago di Barrett, per ridurre il rischio di comparsa del tumore.
Un’altra sperimentazione in corso in Texas indaga gli effetti degli anticox 2 sul tumore della vescica. E infine in Alabama si stanno mettendo alla prova questi farmaci nella cheratosi attinica, una condizione pretumorale che può trasformarsi in un temibile tumore della pelle.
Tante speranze, quindi, che però dovranno attendere ancora un po’ prima di far gridare vittoria. “Per verificare l’effettiva efficacia di questi medicinali nei tumori già presenti”, avverte il professor Santoro, “bisognerà aspettare almeno 2 anni. E per dimostrare la loro utilità nella prevenzione dei tumori, l’attesa è di almeno 5 anni.”

settembre 2002 – A cura di Silvia Rosselli

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