Lo scorso 18 febbraio la Fondazione Ariel, Centro per le disabilità neuromotorie infantili, ha organizzato presso l’Auditorium dell’Istituto Clinico Humanitas il seminario «Siblings – sostenere i fratelli dei bambini disabili». Ha coordinato i lavori l’ospite della Fondazione Kate Strohm, counsellor, educatrice e giornalista australiana e lei stessa «sibling».
L’idea di promuovere un evento che tratta questo argomento nasce dal fatto che se è vero che in Italia molto rimane da fare per le persone disabili, assai poco viene fatto per le loro famiglie ed in particolare per i loro fratelli e sorelle che, come ha spiegato Kate Strohm, possono essere considerati una categoria «a rischio». I bambini disabili spesso sono molto «appariscenti» ma contemporaneamente invisibili alla società, pochi se ne occupano, pochi li vedono veramente. Poi ci sono i loro fratelli sani, quelli chiamati ad essere bravi e buoni, che faticano ad uscire dal proprio destino di «quello fortunato»; per questo motivo diventano anch’essi invisibili, anzi, più invisibili degli invisibili.
Diversamente dai loro genitori, i fratelli conoscono gli aspetti diversi e controversi della disabilità durante tutta la loro vita e in particolare durante il delicato periodo dello sviluppo dell’identità in cui ognuno di noi si forma un’idea di se stesso, degli altri e del mondo. Inoltre i fratelli sono le persone che avranno la relazione più duratura con la persona disabile. Se è vero che molti di questi bambini si “adattano” senza eccessive difficoltà, molti affrontano quotidianamente problematiche specifiche per cui non trovano facili e immediate soluzioni e che si ripercuotono inevitabilmente sulla loro personalità.
L’esperienza di Kate Strohm sulla questione «siblings» ha permesso ai partecipanti, 165 tra genitori e operatori del settore disabilità, di conoscere da vicino le problematiche dei fratelli e delle sorelle e soprattutto di individuare, ognuno nel proprio ambito, alcune attenzioni e strategie utili al miglioramento delle condizioni di adattamento di questi bambini.
La giornata si è svolta attraverso momenti formativi e momenti di lavoro organizzato in gruppi. Ogni gruppo ha fornito contributi interessanti allo sviluppo di possibili interventi in Italia a favore dei «siblings» anche a partire da situazioni non omogenee e del tutto nuove all’argomento. Particolarmente utile e coinvolgente è stata la tavola rotonda con i fratelli adulti, alcuni provenienti dal gruppo «Siblings» di Roma, che organizza periodicamente esperienze di auto-aiuto. Questi fratelli adulti hanno condiviso con la platea alcuni momenti di vita quotidiana della loro famiglia e hanno permesso di ribadire, a partire dalle loro difficoltà di oggi, l’importanza di un intervento precoce nel sostegno dei piccoli «siblings» più in difficoltà.
Il seminario ha mostrato come un ruolo fondamentale nel determinare un buon adattamento lo svolgano gli adulti, i genitori in particolare ma non solo, nel creare un contesto favorevole all’espressione dei sentimenti e dei bisogni anche del fratello senza disabilità, bisogni troppo spesso trascurati se non addirittura negati. Le figure di riferimento, con semplici accorgimenti e una maggiore consapevolezza, possono riconoscere ai «siblings» che essere «normali» non costituisce un motivo sufficiente per non chiedere ed ottenere attenzioni.
Infine forse l’aspetto più importante: Kate Strohm ha individuato come cruciale la possibilità che i «siblings» esprimano i propri sentimenti «naturalmente ambivalenti» nei confronti del fratello, anche se disabile. L’inibizione all’esternare sentimenti e sensazioni negativi o difficili nei confronti del fratello disabile a volte costituisce un messaggio inconsapevole dei genitori, ma non è affatto garanzia di un buon rapporto tra i fratelli. Molti di loro, in questa condizione, arrivano a pensare che esistono sentimenti «giusti» e sentimenti «sbagliati», sentendosi in colpa ogni volta che provano, inevitabilmente, «proibiti». Durante il seminario è stata riproposta la necessità di offrire un sostegno alle famiglie e ai genitori, in particolare per il loro complesso compito educativo e anche per lo stress cui sono sottoposti. A sostegno dei genitori, nella parte pomeridiana del seminario, sono stati chiamati in causa gli operatori che possono intervenire nel processo educativo dei «siblings», in particolare insegnanti, educatori e psicologi. Anche in questo caso si sono configurati orizzonti nuovi.
Particolarmente confortante è risultata la disponibilità di molti dei presenti a costituire un coordinamento che fa capo alla Fondazione Ariel, per riflettere insieme e proporre iniziative a proposito dei «siblings». Ad esempio l’attivazione nei diversi contesti (come scuola, associazionismo, servizi per i minori) di realtà operative e di una cultura a favore del sostegno dei fratelli di bambini disabili.
Quello organizzato da Ariel è stato un seminario importante, innovativo, che ha valorizzato la formazione teorica e le esperienze personali intorno a un argomento relativamente inesplorato. La risposta del pubblico proveniente anche da altre regioni, le reazioni positive a fine corso, le e-mail di ringraziamento arrivate alla Fondazione, incoraggiano a proseguire sulla strada indicata da Kate Strohm, che si è rivelata, al contempo, estremamente competente e umana. La Fondazione Ariel si augura che questa giornata possa costituire in Italia un punto di partenza da cui tutti insieme, operatori, genitori e fratelli, possano aiutare i «siblings» ad uscire dall’invisibilità.
Il Centro ARIEL
ARIEL, centro diretto dal prof. Nicola Portinaro, lavora con l’obiettivo di costituire una rete socio-sanitaria che coinvolga tutti gli specialisti e metta in relazione le principali risorse per la disabilità, in modo da poter indirizzare le famiglie verso il servizio più vicino e più adatto alle loro esigenze. In campo medico,la d.ssa Francesca Pulvirenti, assistente medico di ARIEL, fornisce alle famiglie, una volta verificate le loro esigenze, l’indicazione delle strutture sanitarie specialistiche presso cui trovare una risposta alla necessità terapeutica espressa. L’obiettivo è costruire un network che coinvolga diversi specialisti sul territorio nazionale. Questo lavoro di rete non si limita all’ambito sanitario, si estende anche al settore psicologico e socio-assistenziale. L’attività di sostegno psicologico di ARIEL, svolta sia dal dott. Andrea Dondi che dalla d.ssa Simona Arminio, si è concretizzata sia presso il centro con colloqui di consulenza e sia nei percorsi formativi per le famiglie. Tali corsi vengono tenuti presso l’Istituto Clinico Humanitas e, per agevolare le famiglie che abitano in altre province, presso le sedi dei comuni di residenza. Responsabile dell’organizzazione dei corsi è Luisa Mondorio, già responsabile operativo di ARIEL. Dal punto di vista socio-assistenziale l’assistente sociale di ARIEL, dott.ssa Valeria Romaniello fornisce informazioni su varie problematiche legate alla disabilità: le richieste delle famiglie vengono valutate e seguite da ricerche e contatti con i servizi sociali e altri enti del territorio di residenza, con lo scopo di confrontare le risorse esistenti e verificare la correttezza delle informazioni. A tale proposito, ARIEL ha stilato un Vademecum, costantemente aggiornato, per raccogliere in un’unica fonte le principali informazioni utili per chi si trova per la prima volta alle prese con difficoltà e dubbi legati alla disabilità del proprio bambino. ARIEL mantiene sempre un contatto con le famiglie, per seguirne il percorso e valutare se la richiesta presentata è stata effettivamente soddisfatta.
Per informazioni:
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www.fondazioneariel.it
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