Cancro alla prostata, un esame del sangue può predire il rischio di recidive in pazienti sottoposti a prostatectomia (rimozione dell’intera ghiandola prostatica) robot-assistita. La scoperta è frutto di uno studio coordinato dal dott. Giovanni Lughezzani e da altri medici dell’équipe del prof. Giorgio Guazzoni, Responsabile di Urologia. Il lavoro, già pubblicato sulla rivista Urologic Oncology, è stato ripreso lo scorso 15 giugno su “Renal and Urology News”, blog riconducibile alla prestigiosa American Urological Association (AUA).
Quali aspetti ha messo in evidenza lo studio coordinato dal dott. Lughezzani?
Circa il 35% dei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale va incontro a ripresa biochimica della malattia. Il lavoro coordinato dal dott. Lughezzani apre la strada a nuove prospettive nella diagnosi precoce di recidive neoplastiche dei pazienti operati. “La nostra ricerca, infatti – afferma il dott. Lughezzani – ha messo in evidenza che il PHI è in grado di predire il rischio di recidiva con una precisione di gran lunga superiore rispetto al PSA (Antigene Prostatico Specifico) e, contestualmente, ci ha permesso di individuare una concentrazione-soglia superata la quale il paziente è da considerarsi soggetto a rischio”. Il discrimine è importante per un più attento monitoraggio dei pazienti, consentendo altresì una più intensa e ravvicinata pianificazione dei follow-up. Lo studio ha comportato l’arruolamento di oltre 300 pazienti con tumore localizzato alla prostata precedentemente sottoposti a intervento di prostatectomia. Il prossimo step sarà l’attivazione di uno studio a più ampio raggio, con follow-up superiore a due anni.
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