Partendo dal Cancer Center di Humanitas, una strada pedonale in mezzo a un immenso prato verde ti conduce all’Innovation Building, sede del Laboratorio di Stampa 3D coordinato dall’Ingegnere Paolo Oliva. Percorro la strada insieme a Giulia che oggi incontrerà le persone che per quasi due settimane hanno lavorato notte e giorno per realizzare un Phantom del suo cuore malato, un organo sintetico che simulasse le stesse identiche proprietà meccaniche e geometria con annessa patologia.
È proprio l’Ingegnere Oliva ad accogliere Giulia, con un sorriso e una luce negli occhi che ben racconta la potenza di incontrare in carne ed ossa la persona per la quale, neanche un anno prima, a pochissime settimane dall’apertura del 3D Lab, lui e il suo team avevano messo in campo tutto il potenziale e le conoscenze possibili a supporto del team dei cardiochirurghi che avrebbero provato a salvarle la vita.
Un caso più unico che raro
“Siete in grado di stampare in 3D il cuore di Giulia per permetterci di avere la tranquillità di operare il suo vero cuore?” è la richiesta dei cardiochirurghi. L’operazione di cui aveva bisogno Giulia era un’intervento molto complesso ed eseguito raramente, il tempo per agire era poco e l’unica alternativa per i chirurghi era quella di volare in America, trovare un caso teaching e poi tornare in Italia per operare Giulia. Ma quel caso, essendo così raro, sarebbe potuto arrivare dopo mesi o non arrivare mai. Il team del 3D Lab non ci pensa neanche un secondo e pur non avendo mai stampato un cuore, si lancia in questa avventura.
10 giorni, fianco a fianco, un radiologo e una ingegnera
È Nada Mansour, l’engineering specialist di segmentazione che progetta, slice per slice, il modello 3D del cuore con patologia di Giulia. Dieci giorni di progettazione e un giorno e mezzo di stampa fornendo, per ogni parte anatomica del cuore, il giusto materiale per ottenere, non solo la geometria perfetta, ma anche la consistenza meccanica delle singole parti. Un processo di segmentazione complicatissimo e un post processing digitale abbastanza impegnativo, un lavoro certosino per riconoscere tutte le strutture, miocardio, pericardio, polmonari, insieme al radiologo, partendo da immagini della tac, della risonanza funzionale e dell’ecocardio. Poi la corsa, quasi letterale, dall’Innovation Building fino al Cardiac Center nello studio della Dottoressa Torracca che, avendo il modello 3D fra le sue mani, inizia a studiare l’intervento con l’aiuto di un luminare della cardiochirurgia americana, il Professor Michael J. Reardon dell’Houston Methodist Hospital.
La giusta serenità per operare
Dopo aver progettato tutte le singole fasi dell’intervento, alla Dottoressa Torracca mancava ancora un passo per acquisire maggiore sicurezza prima di operare Giulia: l’interazione con l’anatomia del corpo. È qui che interviene nuovamente l’Ingegnere Oliva che propone di utilizzare l’Anatomy Lab presente nel campus di Humanitas University. L’ospedale mette a disposizione tutto quello che serve senza nessun tipo di remore, permettendo così di effettuare un workflow di training avanzato caso specifico. “Questo”, racconta Paolo Oliva, “è fare innovazione ed è quello che è servito ai cardiochirurghi, capeggiati dalla Dottoressa Torracca, per valutare i tempi, le azioni e il coordinamento tra il team, che si approcciava ad un intervento mai fatto prima nel nostro centro. Le tre anime di Humanitas, clinica, ricerca e università unite possono fare la differenza nella cura dei nostri pazienti e dare al nostro personale medico la serenità di poter affrontare casi rari e difficili come quello di Giulia”.
La ricerca al servizio delle persone
Ascoltando l’Ingegnere Oliva raccontare insieme a Nada Mansour del loro lavoro, è evidente l’orgoglio e la passione che c’è dentro il 3D Lab e quanto il caso di Giulia abbia dato un boost, una spinta emotiva per continuare al meglio, generando una nuova consapevolezza nell’identificare le potenzialità e comprendere cosa si potrà mettere in campo per la cura dei pazienti. Ma non solo: per allenare gli studenti dell’università; per dare ai chirurghi dei Phantom per esercitarsi con la possibilità di una valutazione tattile e di avere la patologia nel modello, che è una rarità; per dare ai ricercatori delle culture cellulari 3D o dei costrutti 3D per spingere ancora di più il mondo della ricerca preclinica o della ricerca traslazionale e infine per far si che, vedendo tutto ciò, sempre più aziende investano nella ricerca.
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