L’ipoglicemia nei pazienti con diabete si verifica quando il livello di glicemia (glucosio nel sangue) scende sotto i 70 mg/dl. Nelle persone senza diabete l’ipoglicemia è invece un’evenienza rara ed è definita per valori sotto i 55 mg/dl in presenza dei sintomi tipici.
Ma quali sono i sintomi dell’ipoglicemia? Ne parliamo con il dottor Marco Mirani, Capo Sezione Diabetologia presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano.
Quali sono le cause dell’ipoglicemia?
La causa principale di un calo della glicemia è legata ai farmaci per il diabete. I pazienti che assumono insulina o farmaci che ne stimolano la secrezione (come le vecchie sulfaniluree) sono i più a rischio.
Le cause non legate invece all’utilizzo di farmaci possono essere:
- Tumori o altre patologie del pancreas o del fegato
- Conseguenze di interventi chirurgici allo stomaco, come la sindrome da dumping
- Ipoglicemia funzionale o reattiva post-prandiale
- Esercizio fisico intenso o digiuno prolungato
- Malattie endocrine severe che compromettono i meccanismi controregolatori, come il deficit surrenalico o ipofisario.
I sintomi dell’ipoglicemia
La diagnosi dell’ipoglicemia è complessa a causa della scarsa specificità dei sintomi e della loro variabilità. I sintomi più comuni sono:
- tremori
- sudorazione profusa
- tachicardia
- fame
- stanchezza
- sonnolenza
- capogiri/vertigini
- cefalea
- confusione mentale
- difficoltà a parlare
- difficoltà motorie
- visione offuscata
- cambio di umore
- pallore al volto
- ansietà
- perdita di coscienza
- coma.
Diabete: la crisi ipoglicemica
Il diabete è una condizione patologica che emerge da una compromissione dei meccanismi regolatori del metabolismo glucidico, cioè della produzione e dello smaltimento degli zuccheri. Nel diabete di tipo 2 si osserva, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia, un aumento dell’insulina nel sangue (iperinsulinismo) e una resistenza periferica alla sua azione (insulino-resistenza).
In questa situazione, consumare pasti ricchi di carboidrati semplici può causare crisi ipoglicemiche (le cosiddette ipoglicemie reattive). Questo avviene perché gli zuccheri vengono rapidamente assorbiti, portando a concentrazioni nel sangue che superano i valori normali. Di conseguenza, il pancreas rilascia una grande quantità di insulina, che, una volta in circolo e superata la resistenza, può abbassare significativamente la glicemia.
Nelle persone con diabete, gli episodi ipoglicemici sono spesso dovuti all’uso eccessivo di farmaci per correggere l’iperglicemia, come l’insulina e gli agenti secretagoghi, che stimolano il rilascio di insulina indipendentemente dai livelli di glucosio. I diabetici tendono ad avere livelli di glicemia abitualmente più alti rispetto a quelli dei non diabetici e, quindi, possono manifestare sintomi neurovegetativi dell’ipoglicemia (come tremori, stanchezza, sudorazione, fame, nervosismo) a livelli di glicemia più elevati (circa 70 mg/dL) rispetto agli individui non diabetici (tipicamente 55 mg/dL).
Ipoglicemia: cosa fare
Il trattamento dell’ipoglicemia varia in base alla gravità e alla causa. Se la persona è cosciente, occorre ingerire 10-20 grammi di glucosio (come 2-3 bustine di zucchero o un bicchiere di bevanda zuccherata). I livelli di glicemia devono essere monitorati ogni 10-15 minuti tramite misurazione capillare. Una volta che i valori di glucosio sono sopra i 70 mg/dL, si può passare all’assunzione di carboidrati complessi (come crackers o fette biscottate). In caso di incoscienza, si può utilizzare il glucagone, che è un ormone in grado di mobilizzare le riserve di glucosio corporeo. Il glucagone si può somministrare tramite iniezione intramuscolare, oppure è oggi disponibile una formulazione sotto forma di spray nasale, di utilizzo molto più semplice. Una volta che la persona riprende conoscenza, deve ingerire zuccheri come sopra indicato. Se il paziente non riprende conoscenza, è necessario allertare i soccorsi per una somministrazione endovenosa di glucosio.
Per l’ipoglicemia reattiva, la strategia principale è l’approccio dietetico. Il paziente deve seguire una dieta con pasti piccoli e frequenti, evitando alcolici e zuccheri semplici (come bevande zuccherate, dolci e pane bianco). L’esercizio fisico regolare e il mantenimento di un peso corporeo ideale (con un indice di massa corporea tra 18 e 25 Kg/m2) sono essenziali. L’obiettivo è prolungare e stabilizzare l’assorbimento del glucosio per evitare picchi iperglicemici e conseguente iperinsulinismo, che può portare a ipoglicemia reattiva.
La gestione dietetica deve includere pasti bilanciati con carboidrati, grassi, proteine e fibre. Se la dieta da sola non è sufficiente a prevenire episodi ipoglicemici, possono essere utilizzati farmaci, per esempio l’acarbosio, che riduce l’assorbimento intestinale del glucosio, o la metformina, che riduce l’insulino-resistenza. In altri casi specifici, il trattamento dell’ipoglicemia dipende dalle cause sottostanti, in base alle quali sono disponibili altre opzioni terapeutiche come il diazossido e gli analoghi della somatostatina, che inibiscono il rilascio di insulina, e i corticosteroidi, che ne contrastano l’azione.
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