La malattia di Crohn e la colite ulcerosa fanno parte delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) e sono conosciute come tali dall’inizio Novecento. Queste malattie sono caratterizzate da un’infiammazione cronica dell’intestino che comporta sintomi come dolore addominale, diarrea, sangue nelle feci, febbre, fatica cronica e perdita di peso che possono ridurre in modo significativo la qualità di vita dei pazienti. Al momento, in Italia si stima che circa 250.000 persone abbiano una MICI.
La causa di queste patologie è purtroppo ancora sconosciuta, ma l’ipotesi più probabile suggerisce che sia presente un’anomala reazione immunitaria della mucosa intestinale contro la flora batterica nei pazienti predisposti geneticamente.
Lo scopo principale della cura di queste patologie è di spegnere l’infiammazione presente nell’intestino e di mantenerla in remissione nel lungo periodo, così da interrompere la sintomatologia invalidante.
Fino alla fine del secolo scorso, il trattamento cardine delle MICI si è basato sulla terapia convenzionale, costituita da mesalazina, cortisone e immunosoppressori come l’azatioprina. Inizialmente non si conosceva il meccanismo d’azione di questi farmaci convenzionali e il loro effetto anti-infiammatorio a livello intestinale è stato scoperto grazie agli studi clinici effettuati su altre patologie infiammatorie in cui contestualmente i pazienti avevano anche le MICI. Sebbene la terapia convenzionale sia efficace nel garantire un miglioramento dei sintomi, una parte dei pazienti non ottiene e/o mantiene la remissione dell’infiammazione intestinale.
Per questo motivo dagli anni Duemila è stata introdotta, laddove la terapia convenzionale non porta i risultati desiderati, la terapia avanzata. Con terapia avanzata intendiamo i farmaci biologici, ma anche le piccole molecole, ed è il frutto dello studio e della comprensione sempre maggiore dei meccanismi infiammatori alla base di queste malattie. L’obiettivo, quando si studia una nuova terapia, è oggi la targettizzazione molecolare, finalizzata a bloccare selettivamente le molecole implicate nell’infiammazione intestinale e a minimizzare gli effetti collaterali.
Dall’introduzione della prima classe di farmaci biologici contro la molecola TNFα (infliximab, adalimumab, golimumab), la terapia avanzata ha avuto nel corso degli ultimi due decenni sempre più successo nel controllo delle MICI, con l’utilizzo di ulteriori nuove terapie come i biologici contro l’integrina α4β7 (vedolizumab) e contro l’interleuchina (IL) IL-12 e IL-23 (ustekinumab). Inoltre, il campo della terapia nelle MICI è in rapida e costante evoluzione; negli ultimi anni sono entrate in scena nuove terapie e nel prossimo futuro verrà ancora più ampliato l’armamentario terapeutico nella lotta contro le MICI.
Ne parliamo con il dottor Roberto Gabbiadini, gastroenterologo dell’Unità Operativa Malattie infiammatorie Croniche intestinali presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, dove è attivo il Centro Medico Chirurgico per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino.
L’uso degli inibitori selettivi delle interleuchine: quali novità
Gli inibitori dell’IL-12 e IL-23 sono utilizzati da alcuni anni sia nel trattamento della malattia di Crohn, sia in quello della colite ulcerosa. Questi farmaci bloccano le due molecole, impedendo che queste ultime stimolino i corrispettivi recettori presenti sui globuli bianchi che, attivandosi a loro volta, aumentano l’infiammazione a livello dell’intestino scatenando così i sintomi intestinali alla base delle MICI.
Tuttavia, da studi più recenti si è rivelato più utile bloccare unicamente la IL-23, dal momento che la IL-12 non ha una funzione principale nell’infiammazione delle MICI e mantiene un ruolo nei meccanismi di difesa contro i normali patogeni. Questi nuovi farmaci che inibiscono selettivamente l’IL-23 (risankizumab, mirikizumab, guselkumab) sono molto efficaci, anche in chi ha fallito la terapia con gli anti-TNFα, e possiedono un ottimo profilo di sicurezza. Inoltre possono essere utilizzati anche in quei pazienti che presentano manifestazioni extra-intestinali come psoriasi e artrite psoriasica. La terapia con il primo inibitore selettivo dell’IL-23 (risankizumab) è stata recentemente approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la Malattia di Crohn e verrà verosimilmente approvata nel breve termine anche per colite ulcerosa (mirikizumab).
JAK-inibitori: le prime piccole molecole approvate per la cura delle MICI
Un’altra recente classe di farmaci è rappresentata dai JAK-inibitori (tofacitinib, filgotinib, upadacitinib), ossia farmaci che agiscono bloccando i recettori Janus chinasi (JAK). Questo recettore dialoga con più molecole implicate nelle MICI e veicola il loro segnale all’interno delle cellule infiammatorie attivando l’infiammazione intestinale. La caratteristica importante di questi farmaci è che bloccando i recettori JAK non viene bloccata solo una singola molecola ma più molecole contemporaneamente avendo la certezza che non venga attivata la cascata infiammatoria.
I JAK-inibitori vengono assunti oralmente e non comportano il rischio che si formino anticorpi anti-farmaco (non immunogeni) come in altre terapie biologiche. L’azione di questi farmaci è molto rapida e il paziente sperimenta un miglioramento dei sintomi anche nell’arco di pochi giorni. Inoltre risultano efficaci anche in quei pazienti che non hanno risposto ad altre terapie biologiche. In più, tra le caratteristiche positive di questa categoria di farmaci, in caso di esigenza di sospensione della terapia (es. necessità di intervento chirurgico), l’eliminazione completa del farmaco dal circolo sanguigno è rapida e avviene in pochi giorni dalla sospensione.
I JAK-inibitori non possono però essere utilizzati in tutti i pazienti affetti da MICI, ma i casi vanno valutati singolarmente dallo specialista. Si tratta infatti di farmaci che possono comportare un’aumentata percentuale di eventi avversi in particolari situazioni e che vanno valutati attentamente in pazienti over 65, in fumatori o ex-fumatori di lunga data, in soggetti che presentano maggior rischio di neoplasie o problemi cardiovascolari. Inoltre, nelle donne in gravidanza è controindicata l’assunzione di JAK inibitori. Tutti e tre i JAK inibitori hanno già ottenuto l’approvazione AIFA per la colite ulcerosa mentre si attende a breve l’approvazione di Upadacitinib anche per la malattia di Crohn.
Il futuro delle terapie per le malattie infiammatorie croniche intestinali
Farmaci al momento ancora non disponibili ma in fase di studio sono i modulatori del recettore della sfingosina-1-fosfato (S1P), ozanimod ed etrasimod. La S1P è un mediatore lipidico bioattivo, coinvolto nella coordinazione di molteplici processi cellulari, tra cui la regolazione del traffico dei globuli bianchi dai linfonodi al sangue periferico. Di conseguenza, il blocco del recettore della S1P riduce la fuoriuscita dei globuli bianchi dai linfonodi così che restino inattivi all’interno di questi ultimi e non migrino verso l’intestino causando l’infiammazione. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a farmaci orali non immunogeni, che comportano però un aumento del rischio di sviluppo di herpes zoster e non sono indicati in gravidanza. Sono stati pubblicati dati soddisfacenti sull’efficacia dei modulatori del recettore della S1P nella colite ulcerosa, mentre sono in corso gli studi di fase III per la malattia di Crohn.
La visita specialistica gastroenterologica si rivolge alle persone con sospetta malattia di Crohn o con diagnosi accertata.
La visita specialistica gastroenterologica si rivolge alle persone con sospetta colite ulcerosa o con diagnosi accertata.
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