Con l’ablazione è possibile eliminare il gruppo di cellule responsabili dell’aritmia.
Nel caso della tachicardia atriale, a seconda del sito di origine, saranno diversi gli approcci per l’ablazione.
In caso di tachicardie ad origine dall’atrio sinistro potrà rendersi necessaria la puntura transettale per accedere alle sezioni cardiache di sinistra.
Alcune tachicardie atriali possono dipendere invece da un rientro riconoscibile macroscopicamente ed hanno generalmente frequenza più elevata (anche oltre i 250 bpm). In questi casi si parla di flutter atriali, ossia aritmie da rientro in cui l’intero corto circuito che sostiene l’aritmia si trova all’interno degli atri.
Se il circuito è nell’atrio destro e attraversa l’area tra la vena cava inferiore e la valvola tricuspide, si parla di flutter atriale tipico. Il flutter atriale è in genere poco sensibile ai farmaci e spesso richiede la cardioversione elettrica. Lo studio elettrofisiologico può confermare la diagnosi di flutter atriale tipico: in questo caso si procederà alla ablazione transcatetere dell’istmo cavo-tricuspidalico.
Se viene eseguita in corso di aritmia, si assisterà al ripristino del ritmo sinusale durante l’erogazione di radiofrequenza.
In presenza di flutter atriale atipico sarà necessario identificare lo specifico circuito dell’aritmia: un flutter atipico si manifesta generalmente in presenza di una cardiopatia strutturale e in esiti di un intervento cardiochirurgico.
Il circuito dell’aritmia in genere avviene attorno alle barriere di conduzione costituite dalle suture chirurgiche associate alle barriere anatomiche fisiologiche. Sarà quindi necessario, dopo avere individuato il percorso dell’aritmia, identificarne il “punto debole”, dove il successo della ablazione potrà essere ottenuto con maggiore sicurezza e semplicità.