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Aneurismi cerebrali


Che cosa sono gli aneurismi cerebrali?

L’aneurisma cerebrale è una dilatazione circoscritta di un’arteria intracranica che interessa in particolare i punti di biforcazione dei vasi e che, quando si rompe, provoca un’emorragia subaracnoidea. Le dimensioni possono variare da pochi millimetri (in genere 3-10 mm) a lesioni definite “giganti”, di diametro maggiore di 2,5 cm. L’aneurisma cerebrale può interessare qualunque arteria cerebrale anche se con frequenza, e a volte sintomatologia, diversa.

Gli aneurismi cerebrali oltre che per le dimensioni e la sede possono essere divisi in due grosse famiglie:

Circa il 2-5% della popolazione è portatrice di aneurismi cerebrali, ma solo una minima quantità di questi darà segno di sé e le possibilità di rottura dell’aneurisma sono decisamente inferiori rispetto alla loro presenza nella popolazione generale. L’aneurisma cerebrale è di frequente localizzato a livello della biforcazione dei vasi cerebrali, sito di maggior turbolenza emodinamica. Una volta formatosi la sua storia naturale è variabile.

Quali sono le cause degli aneurismi cerebrali?

Gli aneurismi cerebrali possono associarsi a fattori di rischio congeniti, tra cui:

Vi sono poi fattori di rischio acquisiti, tra cui i più importanti sono le infezioni micotiche e le infezioni batteriche.

Importanti co-fattori per lo sviluppo di aneurismi cerebrali sono:

La pressione arteriosa sembra rivestire un ruolo chiave nel rischio di rottura. La causa della rottura di un aneurisma è generalmente uno sforzo fisico che comporta un aumento della pressione arteriosa, come tosse, coito o defecazione.
Tuttavia gli aneurismi possono andare incontro a rottura anche a riposo o durante il sonno.

Quali sono i sintomi degli aneurismi cerebrali?

Nella maggior parte dei casi l’aneurisma cerebrale non rotto rimane silente tutta la vita e può venire individuato in caso di esami neuroradiologici eseguiti per altri disturbi. Raramente aumenta progressivamente di dimensioni fino a dare sintomi da “effetto massa”, che provoca la compressione delle strutture limitrofe (tra cui cefalea, compressione di nervi cranici con disturbi della motilità oculare, crisi epilettiche, deficit o dolore trigeminale, vertigini, ictus).
Una minima percentuale va incontro a rottura: in genere l’incidenza di rottura raggiunge il suo massimo nella quinta e sesta decade, mentre è bassa nell’infanzia, età in cui l’aneurisma si associa in molti casi a infiammazione o malformazioni arterovenose.
Le dimensioni della sacca sono direttamente correlate al rischio di rottura. Un aneurisma cerebrale minore di 6-7 mm ha un rischio di sanguinamento/anno intorno allo 0% (che aumenta a 2,5% nel caso siano situati nel circolo posteriore cerebrale); se è invece superiore a 7 mm, il rischio di rottura aumenta in relazione alle dimensioni. Pertanto, aneurismi con diametro superiore a 7 mm hanno indicazione assoluta a trattamento.

In generale, per aneurismi intorno ai 7-12 mm il rischio di rottura è del 2,6% (del 14,5% se situati nel circolo posteriore cerebrale), mentre per aneurismi di 13-24 mm il rischio aumenta al 14,5% circa (al 18,5% se situati nel circolo posteriore cerebrale).

Esiste comunque un territorio di “penombra” intorno ai 5-7 mm, nel quale risulta necessaria una attenta valutazione da parte del team neurovascolare, che deve valutare altri fattori di rischio di rottura: età del paziente, morfologia dell’aneurisma, posizione dell’aneurisma, presenza di aneurismi multipli, modificazioni dell’aneurisma in controlli radiologici a distanza, volontà del paziente.

I pazienti che hanno già sviluppato in passato almeno un evento di emorragia subaracnoidea hanno un rischio più elevato: circa il 1,5% di rischio annuo per aneurismi di dimensione inferiore ai 7mm.

Quando un aneurisma si rompe provoca un’emorragia subaracnoidea con sintomi come:

  • cefalea violenta, trafittiva localizzata in zona occipito-nucale e/o frontale
  • vomito
  • vertigini

Nei casi più severi possono verificarsi disturbi respiratori e perdita di coscienza e l’esito può essere infausto (intorno al 50% dei casi). Inoltre, il 30% circa dei pazienti che sopravvivono a un’emorragia subaracnoidea sviluppa una disabilità importante.

Le principali complicanze associate all’emorragia subaracnoidea sono:

  • Idrocefalo: comporta una dilatazione dei ventricoli cerebrali in modo acuto o cronico. L’idrocefalo acuto è ad alta pressione, insorge in associazione alla rottura e solitamente è provocato da fenomeni ostruttivi. L’idrocefalo cronico può verificarsi a 30 giorni dalla rottura, in genere è a bassa pressione e associato a fenomeni irritativi che provocano l’alterazione del normale deflusso del liquor cefalorachidiano.
  • Risanguinamento: al suo apice di rischio a 24-48 ore di primo episodio, con un rischio di rottura entro le 24 ore del 4% circa. Se non trattato, il soggetto può essere interessato da un nuovo sanguinamento nel corso delle seguenti 2 settimane.
  • Vasospasmo: comporta il restringimento dei vasi cerebrali con l’insorgenza di infarto cerebrale. Il rischio è all’apice dopo il quinto giorno dall’emorragia e il vasospasmo può verificarsi fino al quattordicesimo giorno circa.

Come si prevengono gli aneurismi cerebrali?

In presenza di aneurisma cerebrale non rotto è fondamentale mantenere controllata la pressione arteriosa, eseguire periodicamente AngioTC del circolo intracranico e smettere di fumare.

Aneurismi cerebrali: come si fa la diagnosi?

Gli aneurismi cerebrali non rotti vengono generalmente individuati durante esami neuroradiologici eseguiti per disturbi non correlati (es. RM encefalo, TC encefalo).

Gli aneurismi cerebrali rotti vengono diagnosticati in Pronto Soccorso con:

  • TC encefalo, che individua l’emorragia
  • AngioTC circolo intracranico, che consente di valutare lo stato dell’albero vascolare intracranico e individuare la causa del sanguinamento e la posizione dell’aneurisma
  • Angiografia cerebrale, che viene eseguita in presenza di casi ambigui, in cui è necessario definire morfologicamente in maniera accurata l’aneurisma, oppure a scopo interventistico quando bisogna procedere con un intervento endovascolare.

Come trattare gli aneurismi cerebrali?

In presenza di aneurisma cerebrale, neurochirurgo, neurologo e neuroradiologo interventista valutano con un approccio multidisciplinare se sia necessario intervenire con un trattamento oppure mantenere il soggetto in osservazione clinica e radiologica. L’indicazione al trattamento dipende da vari fattori, tra cui la sede della lesione, l’età del soggetto, lo stato neurologico di presentazione, le dimensioni dell’aneurisma, la morfologia, le sue variazioni volumetriche ai controlli radiologici e i fattori di rischio.

Il trattamento dell’aneurisma cerebrale può essere microchirurgico o endovascolare.

Il trattamento microchirurgico prevede l’esclusione della sacca aneurismatica con il posizionamento di una o più CLIP in corrispondenza del colletto della malformazione. Le tecnologie utilizzate per il trattamento microchirurgico sono: microscopio intraoperatorio, fluoroangiografia intraoperatoria, monitoraggio neurofisiologico intraoperatorio, microdoppler intraoperatorio, esoscopia o endoscopia 3D.

Il trattamento endovascolare angiografico comporta un approccio dall’interno del vaso attraverso l’ausilio di microcateteri che rilasciano spirali o stent. Le spirali metalliche riempiono la sacca che genera fenomeni trombotici occludendola, mentre gli stent (o flower diverter) deviano il flusso occludendo il colletto dell’aneurisma e impedendo al sangue di circolare nella sacca, consentendo così il processo di trombizzazione e involuzione della sacca. Questa tecnica è generalmente preferita al trattamento microchirurgico perché meno invasiva, in particolare in soggetti anziani e/o con aneurismi del circolo posteriore e/o in cattiva condizione clinica.

In presenza di aneurismi giganti con conformazioni complesse, parzialmente trombizzati o dai quali nascono direttamente vasi arteriosi importanti per la vascolarizzazione cerebrale, può essere necessario eseguire un bypass cerebrale.
Il bypass cerebrale garantisce un adeguato flusso ematico a valle dell’aneurisma attraverso il collegamento (anastomosi) tra due vasi arteriosi. Nella maggior parte dei casi il bypass viene eseguito tra i rami dell’arteria carotide esterna (per esempio l’arteria temporale superficiale e il ramo arterioso cerebrale desiderato). Quando bisogna garantire un flusso più elevato, è possibile interporre un’arteria o una vena prelevata da gamba o braccio. Una volta eseguito il bypass cerebrale si può dunque procedere con trattamento chirurgico o endovascolare dell’aneurisma.

Ultimo aggiornamento: Settembre 2024
Data online: Febbraio 2019

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