PET: che cos’è e a cosa serve l’esame
La PET, Tomografia a Emissione di Positroni, è una metodica diagnostica di Medicina Nucleare che, in risposta a un preciso quesito clinico, può offrire informazioni su patologie di organi o tessuti del corpo con estrema precisione. La PET viene utilizzata in particolar modo in Oncologia, sia in fase diagnostica per individuare il tessuto malato e stadiare un tumore, sia durante il follow-up dopo la chirurgia o la radioterapia per valutare l’andamento di un trattamento. Utile anche in altri ambiti, in Neurologia la PET viene utilizzata per differenziare l’Alzheimer da demenze di altro tipo, in Cardiologia analizza il flusso del cuore e la vitalità dei suoi tessuti, e in Ortopedia serve per valutare lo stato di infezioni vertebrali e protesi infette.
Approfondiamo l’argomento con il dottor Marcello Rodari, responsabile dell’Unità Operativa di Medicina Nucleare dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano.
Che cos’è la PET
La PET è un esame non invasivo, che non comporta alcun rischio per la persona che ci si sottopone. Si svolge per mezzo di un radiofarmaco, somministrato per via endovenosa nell’avambraccio, e composto da una molecola (o tracciante) che mappa il processo patologico di interesse e da un atomo che emette positroni a breve emivita. Il farmaco, quindi, come una lampadina accesa, “illumina” le cellule a cui si lega, evidenziando così la presenza di eventuali patologie e permettendo una loro completa e precisa stadiazione. Ciascuno dei farmaci utilizzati per la PET è composto da specifiche molecole che vengono riconosciute solamente dai tessuti interessati dall’analisi: questo consente un alto grado di precisione dell’esame.
PET: come si fa l’esame?
A seguito della somministrazione del farmaco, il paziente prima di sottoporsi all’esame deve aspettare un tempo che può variare da qualche minuto fino a 60-90 minuti, per consentire al radiofarmaco di distribuirsi adeguatamente nell’organismo e raggiungere il tessuto interessato. Al termine di questa attesa, può avere inizio l’esame vero e proprio che durerà circa 20 minuti, con piccole variazioni possibili, in base al tessuto da indagare. In Humanitas è ora disponibile un nuovo tomografo PET digitale che permette di eseguire l’esame in un tempo ancora minore (circa 10 minuti), riducendo inoltre anche l’attività somministrata del radiofarmaco.
Al paziente viene richiesto di restare sdraiato, supino e immobile, in un macchinario a forma di anello aperto, il tomografo. Questo strumento, in grado di registrare le radiazioni emesse dal farmaco, andrà a esaminare il corpo riproducendo su computer le immagini registrate, che verranno poi valutate dal medico specialista. Immediatamente prima della rilevazione delle immagini PET, viene sempre eseguita una TC con lo stesso tomografo, necessaria per una corretta ricostruzione delle immagini e per la localizzazione anatomica delle eventuali alterazioni visibili alla PET. In casi selezionati, viene eseguita una TC con mezzo di contrasto, in modo da ottenere due esami con una sola seduta diagnostica.
Come prepararsi alla PET?
Per prepararsi alla PET, è sufficiente mantenersi a digiuno per 6 ore. Nel caso di PET con 18F-FDG la sera precedente, è consigliato di attenersi a una dieta priva di carboidrati. Al paziente viene quasi sempre richiesto di svuotare la vescica prima del test, al fine di consentire una corretta visualizzazione degli organi.
In Humanitas sono disponibili ulteriori radiofarmaci oltre all’FDG. In particolare abbiamo la possibilità di eseguire la PET nell’ambito dei tumori neuroendocrini utilizzando il 68Gallio-DOTATOC, nell’ambito delle neoplasie della prostata utilizzando il 18F-PSMA e nell’ambito delle neoplasie cerebrali utilizzando la 11C-Metionina e la 18F-FET.
Per effettuare la PET non è necessario spogliarsi, ma è consigliabile indossare un abbigliamento comodo. Inoltre, il paziente non deve avere addosso oggetti metallici di nessun tipo, poiché possono interferire con la corretta esecuzione dell’esame.
Una volta che il test si è concluso, il paziente può uscire dal reparto senza che debba attenersi a precauzioni particolari. Le radiazioni emesse dai radiofarmaci utilizzati hanno infatti una “emivita” molto breve e si eliminano quasi totalmente durante la permanenza in reparto. L’esame è comunque controindicato per le donne in gravidanza per non far prendere inutili radiazioni al feto, considerando che viene sempre eseguita anche una TC.
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