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Stenosi ureterale, i vantaggi della chirurgia robotica

La chirurgia robotica è un approccio sicuro ed efficace per trattare i casi di stenosi ureterale benigna, una patologia che consiste nel restringimento dell’uretra e che richiede, per essere risolta, un intervento chirurgico minimamente invasivo ma tecnicamente complesso. È questo il risultato del recente studio retrospettivo condotto dal dott. Nicolò Buffi, urologo dell’équipe del prof. Giorgio Guazzoni, responsabile di Urologia in Humanitas. Lo studio (a cui hanno lavorato, oltre a Humanitas, il San Raffaele di Milano, il San Luigi Gonzaga di Orbassano, in provincia di Torino e l’Onze-Lieve-Vrouw Hospital, in Belgio) aveva come obiettivo proprio la valutazione dell’efficacia della chirurgia robotica nel trattamento della patologia ureterale, rispetto al tradizionale approccio laparoscopico.

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Cos’è la stenosi ureterale?

La stenosi ureterale, che può essere congenita o acquisita, consiste nell’ostruzione o nel restringimento dell’uretere che impedisce il passaggio e la corretta espulsione dell’urina. L’intervento chirurgico necessario per risolvere la patologia è denominato pieloplastica e consiste nell’incisione e nella rimozione della parte di uretere interessata dalla stenosi e nella successiva sutura delle due estremità risultate dalla rimozione. Nell’uretere viene inserito un tutore interno, detto stent “doppio J”, che viene rimosso ambulatorialmente un mese circa dopo l’intervento.

I vantaggi dell’intervento robot-assistito

La pieloplastica, che era inizialmente un intervento a cielo aperto, dagli anni Novanta viene svolta in laparoscopia, approccio tipico della chirurgia tradizionale che garantisce un’alta probabilità di successo (90-95%). L’introduzione della chirurgia robotica, però, ha portato a un ulteriore passo avanti: gli interventi oggi svolti in questo modo possono contare su una precisione estrema, oltre che su un approccio minimamente invasivo con conseguente riduzione del trauma e della degenza post operatori. La strumentazione chirurgica viene introdotta nell’addome attraverso una piccola incisione ombelicale e viene manovrata dal chirurgo che, fisicamente distante dal campo operatorio, lavora da una postazione dotata di comandi e monitor con immagini tridimensionali e ad altissima risoluzione.

I risultati dello studio

Lo studio ha valutato i risultati ottenuti in diversi centri specializzati su pazienti con patologie ureterali (stenosi ureterali e ostruzione della giunzione uretero-vescicale) trattate con un intervento di chirurgia robotica. “Abbiamo analizzato i dati di 183 pazienti operati tra il gennaio 2006 e il settembre 2014 con pieloplastica robot-assistita o uretero-ureterostomia robotica – spiega il dott- Buffi – La durata media degli interventi è stata di rispettivamente 120 e 150 minuti. Mentre nel caso della pieloplastica non si è mai resa necessaria una conversione chirurgica, il 2,8% delle uretero-ureterestomie non è stata completata con il robot”. In entrambe le procedure non si sono verificate complicazioni e il grado di successo è stato, in generale, superiore al 90%. “Lo studio ha dei limiti, perché retrospettivo e perché prende in esame una fetta eterogenea di popolazione – spiega il dott. Buffi – ma possiamo concludere che per il trattamento di queste patologie ureterali la chirurgia robotica è un metodo sicuro ed efficace, con un limitato rischio di complicazioni gravi e buoni risultati nel medio termine. I risultati quindi dimostrano che si tratta di un’alternativa sicura all’approccio standard”.

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